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2022-08-26 18:39:41 By : Ms. carlen shu

Biomed CuE » Dispositivi indossabili » Mascherine FFP2 e chirugiche: quali sono le differenze?

L’aumento dei casi e la rapida diffusione della variante Omicron hanno spinto il governo a prendere decisioni più rigide per le vacanze natalizie. Così a partire dal giorno di Natale fino al 31 di dicembre, in Italia, è obbligatorio l’utilizzo delle mascherine, almeno chirurgiche, non solo nei luoghi al chiuso ma anche all’aperto. Il tutto con particolari accortezze: nei teatri, cinema, musei, luoghi di intrattenimento generici e sui mezzi pubblici è obbligatorio l’utilizzo della mascherina FFP2.

Quindi, in alcuni casi si può utilizzare anche la mascherina chirurgica, in altri è necessaria la FFP2: ma quali sono le differenze tra queste due tipologie di mascherina?

Camminando per le strade se ne vedono di tutti i tipi: oltre alle classiche chirurgiche monouso blu, si vedono spesso mascherine di tutti i colori (rosa, verdi, rosse). Molti indossano quelle di stoffa con sopra disegni o sigle colorate. Ci sono le FFP2, anche queste o bianche o nere, e alcune volte si vedono persino quelle con il filtro. Che differenza c’è tra tutte queste tipologie di mascherine?

I tipi di mascherine esistenti si possono suddividere in tre categorie:

Le mascherine chirurgiche monouso sono dei dispositivi a uso medico, che sono state sviluppate per essere utilizzate in ambito medico sanitario. Esse hanno da sempre avuto come principale funzione quella di impedire il passaggio di germi e batteri dalla bocca/ naso del chirurgo alle ferite del paziente in sala operatoria. Si comprende facilmente che il loro scopo non è quello di proteggere la persona che indossa la mascherina, bensì le persone che si trovano intorno. Ma di che tipo di protezione stiamo parlando? Se, ad esempio, una persona positiva al coronavirus con indosso la mascherina chirurgica ci starnutisce vicino, siamo sicuri di essere sufficientemente protetti?

Ormai, dopo due anni di convivenza con il virus, abbiamo capito come si trasmette: quando una persona infetta parla, tossisce o starnutisce, le goccioline di aerosol esalate possono entrare in contatto con le vie respiratorie di persone nelle immediate vicinanze. Da uno studio condotto dall’Università di Waterloo, si è scoperto che le mascherine chirurgiche sono in grado di bloccare solamente il 10% delle goccioline di aerosol. Questo è dovuto ad un accumulo significativo di goccioline nell’aria, così piccole da rimanere sospese, nonostante l’uso delle maschere chirurgiche blu.

Ma perchè filtrano così poco? La ragione principale sta nella loro scarsa vestibilità: a differenza delle FFP2, le mascherine chirurgiche non aderiscono perfettamente intorno al naso. Di conseguenza, gli aerosol rimanenti (90%) vengono reindirizzati, per lo più fuori dalla parte superiore della maschera, e fuoriescono nell’aria ambiente non filtrata.

Le mascherine FFP , dal nome “filtering face piece particles” ovvero “facciale filtrante delle particelle”, comprendono sia le FFP2 sia le FFP3. La loro classificazione dipende principalmente dalla loro efficacia filtrante. Come indicato dal Ministero della Salute, queste mascherine devono possedere una certificazione in base alle norme tecniche decritte nella UNI EN 149:2009. Secondo alcuni studi, le FFP2 e le FFP3 hanno una capacità filtrante rispettivamente del 94% e del 98%.

La principale differenza rispetto alle mascherine chirurgiche è che le FFP sono in grado di proteggere sia chi le indossa sia le persone che si trovano nelle vicinanze. Ciò significa che una persona con indosso una FFP è più protetta dalle particelle presenti nell’aria rispetto ad una persona con una mascherina chirurgica. Meno comuni sono le FFP1, le meno filtranti tra le FFP. Viene utilizzata principalmente come mascherina antipolvere e ha una capacità filtrante minima del 80%.

Quindi cosa rende queste maschere respiratorie così buone nella filtrazione rispetto alle maschere chirurgiche o di stoffa? Le maschere FFP2 sono composte da tre strati di materiale sintetico tessuto-non-tessuto, disponibile in diversi spessori, con l’inclusione di strati filtranti tra di loro. In particolare, lo trato esterno protegge dalle particelle di dimensione più grandi, quello intermedio filtra quelle più piccole, mentre quello più interno ha sia la funzione di mantenere la forma della mascherina sia quella di proteggere l’interno dall’umidità prodotta dal respiro o starnuti.

Oltre alle classiche mascherine FFP, esistono anche quelle che possiedono una valvola. Questa, che si trova montata esternamente, può trarre in inganno e far credere che si tratti di un filtro, in grado di tramutare la standard FFP in una mascherina più protettiva. In realtà, la valvola ha la sola funzione di rendere più agevola la respirazione a chi indossa la mascherina, favorendo l’espirazione dell’aria, che viene rilasciata all’esterno senza creare condensa all’interno della mascherina.

A differenza delle mascherine FFP senza valvola, quelle che la posseggono consentono anche il passagio di eventuali particelle virali. Se la protezione in entrata resta invariata, si parla sempre di 94% e 98% per FFP2 e FFP3, quella in uscita non è come nelle mascherine normali. Proprio per questa ragione, è fortemente consigliato di utilizzare una mascherina chirurgica al di sopra di una mascherina FFP con valvola.

Le mascherine di stoffa, conosciute anche come mascherine di comunità, non sono considerate nè dispositivi medici nè dispositivi di protezione individuale, e, per questa ragione, non sono sottoposte ad alcun tipo di certificazione. Questa tipologia ha la funzione di fornire una misura di protezione per ridurre la diffusione di virus respiratori durante le normali attività quotidiane. Esse sono realizzate in materiali multistrato che, essendo a contatto con il nostro viso, non devono essere tossici o allergenizzanti. Tuttavia, proprio per il fatto che non vengono sottoposte a certificazione, per proteggersi e proteggere gli altri dalla diffussione di un virus come il SARS-COV-2, è necessario utilizzare tutte quelle mascherine che sono state certificate come dispositivi medici.

Ricercatrice presso l’Istituto Italiano di Tecnologia, classe 1993, laureata in Ingegneria Biomedica. Il laboratorio è la mia seconda casa. Appassionata da sempre, non solo alla scienza, ma anche alla danza, alla montagna e a viaggiare.

Ricercatrice presso l’Istituto Italiano di Tecnologia, classe 1993, laureata in Ingegneria Biomedica. Il laboratorio è la mia seconda casa. Appassionata da sempre, non solo alla scienza, ma anche alla danza, alla montagna e a viaggiare.

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