Cellula batterica: caratteristiche generali - Microbiologia Italia

2022-06-24 18:55:09 By : Ms. Anna Zhang

I batteri sono microrganismi procarioti unicellulari, di piccole dimensioni (da frazioni di μm ad alcuni μm) e distinguibili tra loro per forma, sferica od ovale (cocchi), allungata (bacilli o bastoncini), a virgola (vibrioni), a spirale (spirilli), o molto allungata (fusiformi e filamenti). Talvolta, la lunghezza della cellula può essere breve e in questo caso assume un aspetto intermedio tra i cocchi e i bacilli (coccobacilli).

Le disposizioni più frequenti per quanto riguarda i cocchi sono: diplococchi (cocchi disposti a coppie), streptococchi (cocchi uniti a formare catenelle), stafilococchi (cocchi uniti in ammassi), mentre i bacilli possono disporsi a formare lunghe catene o disporsi a palizzata o a lettere cinesi (corinebatteri).

Al microscopio ottico la morfologia e la disposizione dei batteri può essere apprezzata utilizzando diversi tipi di preparazioni (a fresco oppure dopo colorazione del preparato). Per poter procedere alla colorazione di un materiale nel quale si vuole evidenziare la presenza di batteri, è necessario deporre una goccia di questo materiale su di un vetrino portaoggetto, lasciar evaporare completamente l’acqua, fissare al calore o con metanolo la preparazione e infine colorare il preparato.

Esistono varie colorazioni a seconda che si voglia effettuare una colorazione semplice, che prevede cioè l’utilizzo di un solo colorante (ad es. blu di metilene, safranina o cristalvioletto), oppure differenziale o complessa, che prevede cioè l’utilizzo di più coloranti in tempi successivi. La colorazione differenziale più usata è quella di Gram. I batteri gram-positivi incorporano il cristalvioletto (primo colorante) che non viene rilasciato neppure dopo decolorazione con alcol e quindi appaiono viola, mentre nei batteri gram-negativi il decolorante agisce dissolvendo la membrana esterna; il primo colorante (cristalvioletto) viene rilasciato dalla cellula che quindi incorporerà il secondo colorante (safranina) colorandosi di rosa-rosso. L’organizzazione cellulare dei batteri è quella tipica dei procarioti.

Le numerose differenze strutturali e funzionali con gli eucarioti rappresentano la base della tossicità selettiva dei farmaci antibatterici. La cellula batterica comprende tipicamente componenti fondamentali (presenti in tutte le cellule e necessari per la sopravvivenza e la riproduzione della cellula batterica) e componenti accessori (presenti solo in alcuni casi e deputati a svolgere funzioni addizionali non fondamentali che tuttavia, in certe situazioni, possono essere determinanti per la virulenza e/o la resistenza agli antibiotici).

Il citoplasma batterico è racchiuso dalla membrana cellulare ed è rappresentato per l’80% da una fase acquosa di consistenza gelatinosa (gel colloidale) in cui sono immerse varie sostanze organiche in soluzione come zuccheri, proteine e lipidi, e inorganiche, come sali di calcio, magnesio, fosfati, solfati e oligoelementi; non sono presenti, a differenza delle cellule eucariotiche, mitocondri, complesso del Golgi, cloroplasti, lisosomi e reticolo endoplasmatico.

L’RNA si può trovare in forma solubile (mRNA e tRNA) oppure legato ai ribosomi (rRNA). Nel citoplasma batterico sono presenti numerosi ribosomi che costituiscono il 40% del peso secco e contribuiscono a renderlo basofilo. Il ribosoma batterico ha un coefficiente di sedimentazione di 70 Svedberg (S) (diverso da quello delle cellule eucariotiche che è 80S) ed è composto da due subunità: 30S (formata da 21 proteine e una molecola di RNA 16S) e 50S (formata da 34 proteine e due molecole di RNA: 5S e 23S).

Il cromosoma batterico (noto anche come cromonema o nucleoide) è un’unica molecola di DNA a doppia elica circolare (fatta eccezione per le Borrelie, il cui genoma è lineare) che occupa il 10-15% del volume della cellula batterica. Non è presente un involucro nucleare a racchiudere il cromosoma. Per poter essere contenuto all’interno della cellula batterica il DNA (la cui lunghezza si stima essere circa 1100-1400 μm) è superavvolto dall’enzima DNA girasi (una speciale topoisomerasi di tipo II) che introduce dei superavvolgimenti negativi nel DNA.

Le topoisomerasi di tipo II creano delle interruzioni transitorie su entrambi i filamenti di DNA e poi le due catene vengono risaldate dal lato opposto dell’elica intatta creando così dei superavvolgimenti. I superavvolgimenti del DNA vengono invece rimossi ad opera di un altro enzima, la topoisomerasi I, che introduce un’interruzione in un solo filamento della doppia elica e provoca la rotazione di un filamento attorno all’altro.

Similmente alle cellule eucariotiche, anche la membrana delle cellule batteriche presenta una struttura trilaminare fosfolipidica dello spessore di circa 80 Å, costituita da un doppio strato (uno interno e uno esterno) simmetrico di natura idrofilica (estremità idrofile dei lipidi di membrana) intercalato da una lamina centrale lipidica costituita dalle catene idrofobe degli acidi grassi. La membrana citoplasmatica è composta per il 60-70% del suo peso secco da proteine e fosfolipidi mentre sono assenti le glicoproteine.

Proteine integrali anfipatiche sono inserite nel doppio strato lipidico; proteine periferiche sono debolmente associate alla superficie della membrana. Nella membrana citoplasmatica, eccezion fatta per i micoplasmi, non sono presenti steroli ma sono presenti gli opani, composti policiclici che rinforzano la membrana rendendola più rigida. Le funzioni della membrana citoplasmatica sono molteplici. Essa è una barriera osmotica che per diffusione passiva (meccanismo di trasporto che non richiede consumo di energia e in cui la velocità di assorbimento è direttamente proporzionale alla concentrazione della sostanza sul lato esterno della membrana) permette il passaggio di ossigeno, acqua e piccole molecole idrofobiche tra l’esterno e l’interno della cellula batterica, è sede dei meccanismi di trasporto attivo necessari per l’ingresso delle sostanze nutritive ed è sede dell’apparato per la produzione di energia (sistema di trasporto di elettroni, citocromi, F-ATPasi).

L’acqua attraversa la membrana utilizzando canali proteici specifici chiamati acquaporine. Sulla membrana sono presenti enzimi per la sintesi dei lipidi e dei costituenti della parete (peptidoglicano ecc.), proteine che svolgono funzioni di trasporto (proteine carrier o permeasi) e pompe ioniche per il mantenimento del potenziale di membrana. Si conoscono almeno tre tipi di meccanismi di trasporto attivo (trasporto semplice, traslocazione di gruppo e sistemi ABC), che richiedono tutti la partecipazione di proteine specifiche e un consumo di energia.

Il trasporto semplice si attua per mezzo di proteine (trasportatori) che attraversano la membrana. Il trasportatore è detto uniporter se trasporta un solo tipo di sostanza attraverso la membrana plasmatica, symporter quando trasporta contemporaneamente due molecole attraverso la membrana, entrambe nella stessa direzione, e antiporter se trasporta due molecole attraversano la membrana citoplasmatica ma in direzioni opposte. Un esempio di symporter è quello rappresentato dalla Lac-permeasi (permeasi del lattosio) in Escherichia coli, che trasporta lattosio e protoni all’interno della cellula batterica. L’entrata di protoni all’interno della cellula riduce l’energia della forza proton-motrice che viene ristabilita attraverso le reazioni che liberano energia mentre il lattosio raggiunge una concentrazione tale da essere metabolizzato.

Il meccanismo della traslocazione di gruppo è un processo di trasporto durante il quale la sostanza che deve attraversare la membrana citoplasmatica viene modificata chimicamente. I meccanismi di traslocazione di gruppo maggiormente studiati riguardano il trasporto di zuccheri, quali il glucosio, il mannosio e il fruttosio, in E. coli. Il sistema che sta alla base della traslocazione di gruppo è costituito da una piccola proteina HPr e da quattro proteine enzimatiche (Enz I, IIa, IIb, IIc), che a partire dal fosfoenolpiruvato trasferiscono in sequenza un gruppo fosfato venendo alternativamente fosforilate e defosforilate sino alla proteina integrale di membrana, Enz IIc, che fosforila a sua volta lo zucchero.

Le proteine HPr, Enz I e IIa sono proteine citoplasmatiche, mentre EnzIIb è una proteina legata alla superficie interna della membrana. EnzII è l’unica proteina del sistema di traslocazione a essere specifica per ogni tipo di zucchero che deve attraversare la membrana. Grazie al sistema fosfotransferasico, una volta oltrepassata la membrana, gli zuccheri sono immediatamente disponibili a entrare in una via metabolica centrale. Il trasporto mediato dai sistemi ABC utilizza proteine periplasmatiche, una proteina transmembranaria che funziona da canale di trasporto e un terzo componente citoplasmatico che fornisce l’energia necessaria, ottenuta per l’idrolisi dell’ATP; da questo deriva l’acronimo ABC (ATP-binding cassette).

Nei germi gram-negativi le proteine di legame si trovano nel periplasma, mentre nei gram-positivi sono ancorate alla membrana; sono proteine specifiche e che possiedono un’elevata affinità per il loro substrato (pari o inferiore a 1 μM). Il complesso che si forma tra proteina e substrato interagisce con la proteina transmembranaria e l’idrolisi dell’ATP fornisce l’energia necessaria per il trasporto. La membrana cellulare è la sede delle reazioni che mediano il trasporto degli elettroni e la conservazione dell’energia cellulare derivata dalle reazioni di ossidoriduzione. La separazione di cariche positive (H+ ) e negative (OH– ) genera una forma di energia detta forza proton-motrice (PMF) determinante per alcune funzioni cellulari che richiedono energia (trasporto, motilità, biosintesi di ATP).

Nella membrana citoplasmatica avviene l’assemblaggio dei lipidi complessi, e alla membrana sono ancorate le carbossipeptidasi e le transpeptidasi che formano il legame peptidico tra precursori del peptidoglicano, la cui sintesi avviene nel citoplasma. I precursori, trasferiti attraverso la membrana mediante il legame con il undecaprenilfosfato (lipide carrier), sono incorporati nelle catene di peptidoglicano in crescita ad opera delle transglicosilasi, che catalizzano la formazione del legame glucosidico tra acido N-acetilmuramico e N-acetilglucosamina.

Anche altri componenti della parete, come ad esempio gli acidi teicoici o l’LPS, vengono trasferiti per mezzo del lipide carrier undecaprenilfosfato ai siti di polimerizzazione nella membrana citoplasmatica per migrare in seguito (LPS) nello strato esterno della membrana esterna grazie alle giunzioni di Bayer, dove la membrana citoplasmatica e la membrana esterna si connettono attraverso lo strato di peptidoglicano. Infine, durante il processo di divisione cellulare, la membrana citoplasmatica serve al DNA in replicazione come sito di ancoraggio e accrescendosi separa i due cromosomi neosintetizzati che verranno ripartiti nelle cellule figlie. Nella membrana sono contenute le proteine che formano il septosoma e che partecipano alla formazione del setto interagendo con proteine a localizzazione citoplasmatica.

La parete cellulare è presente in gran parte dei Procarioti, dove circonda la membrana citoplasmatica e conferisce alla cellula forma e rigidità. Al microscopio elettronico è visibile come uno strato omogeneo e denso agli elettroni nei gram-positivi, mentre nei gram-negativi ha un aspetto pluristratificato. Queste differenze ultrastrutturali riflettono una diversa composizione che giustifica anche la diversa risposta alla colorazione di Gram.

Inoltre la parete ha la funzione di controbilanciare la pressione osmotica del citoplasma (5 e 20 atmosfere nei gram-negativi e nei gram-positivi rispettivamente). Qualora infatti la parete venga distrutta si ha il rigonfiamento del citoplasma e conseguente lisi cellulare, a meno che la cellula batterica si trovi in ambiente isotonico. In questo caso la distruzione della parete porta alla formazione di elementi sferici detti sferoplasti o protoplasti a seconda che conservino o meno residui di parete. La parete è formata da strati rigidi di peptidoglicano (mureina). Eccezioni sono rappresentate dagli Archeobatteri (nei quali è presente uno pseudoglicano o pseudomureina), dai Micobatteri (che hanno un peptidoglicano a struttura caratteristica) e dai Micoplasmi (che sono privi di parete). Il peptidoglicano è una struttura rigida, simile a una rete formata da catene polisaccaridiche lineari, unite tra loro mediante legami crociati di natura peptidica. I costituenti fondamentali del peptidoglicano (detto anche mucopeptide, mureina o glicopeptide) sono due aminozuccheri acetilati, l’N-acetilglucosamina (NAG) e l’N-acetilmuramico (NAM), sintetizzati nel citoplasma.

NAG e NAM formano quindi la porzione polisaccaridica detta anche glicano e sono uniti da un legame β1-4 glucosidico formando catene lunghe dalle 10 alle 80 unità disaccaridiche ripetute. All’acido N-acetilmuramico è legata covalentemente una catena peptidica formata da l-alanina, acido d-glutamico, l-lisina (nei batteri gram-positivi) o acido diaminopimelico (nei batteri gram-negativi) e d-alanina. Nella struttura di base del peptidoglicano, le catene individuali di peptidoglicano si trovano adiacenti e sono tenute insieme, a livello dei tetrapeptidi, mediante legami crociati peptidici. Il legame crociato peptidico tra diaminoacido in posizione 3 e d-alanina in posizione 4 può essere indiretto, mediante un ponte pentaglicinico (gram-positivi) oppure diretto, mediante legame peptidico tra acido diaminopimelico e d-alanina (gram-negativi).

Il numero di legami crociati è diverso tra i batteri gram-positivi e gram-negativi: nei primi tutti i residui dell’acido N-acetilmuramico sono legati a una catena tetrapeptidica a formare una parete rigida molto forte, mentre nei secondi i legami sono più scarsi. La parete dei batteri gram-positivi è spessa 15-50 nm e consiste di uno strato spesso e denso agli elettroni costituito per il 90% da peptidoglicano. Il peptidoglicano dei batteri gram-positivi è sensibile all’azione del lisozima (degrada la componente glicanica del peptidoglicano agendo a livello del legame β1-4 glucosidico). Altri componenti della parete dei batteri gram-positivi sono gli acidi teicoici e lipoteicoici e i polisaccaridi complessi. Gli acidi teicoici sono polimeri di glicerolfosfato o ribitolfosfato solubili in acqua, legati covalentemente al peptidoglicano (rappresentano i principali antigeni di superficie e poiché sono altamente variabili sono specie-specifici); sono responsabili della carica complessiva della superficie cellulare, legano Ca2+ e Mg2+, trasportandoli, in parte, nella cellula, svolgono la funzione di adesine (batteriofagi), sono altamente antigenici e sono importanti fattori di virulenza.

Gli acidi lipoteicoici, ancorati alla membrana citoplasmatica, possono essere secreti e rilasciati nel terreno di coltura e nell’uomo, benché più debolmente, possono svolgere attività endotossica. Le proteine, anche se poco rappresentate, possono svolgere un’importante azione patogena in diverse specie. Ad esempio, la proteina M presente nella parete di Streptococcus pyogenes svolge azione antifagocitaria e, quando associata all’acido lipoteicoico, forma fibrille che mediano l’adesività alle mucose delle vie respiratorie. Un altro esempio può essere la proteina A presente nella parete dello Staphylococcus aureus, che lega il frammento Fc anticorpale inibendo la formazione dell’immunocomplesso e l’attivazione complemento.

La parete dei batteri gram-negativi è costituita da uno strato sottile di peptidoglicano (immediatamente all’esterno della membrana citoplasmatica) al di sopra del quale si trova la membrana esterna. Lo spazio che si trova tra la membrana citoplasmatica e lo strato di peptidoglicano è detto spazio periplasmatico e contiene enzimi idrolitici come proteasi, fosfatasi, lipasi, nucleasi, enzimi che degradano i carboidrati, enzimi che degradano gli antibiotici (come le beta-lattamasi) ed enzimi che degradano componenti tissutali e rappresentano fattori di virulenza (ialuronidasi, collagenasi).

La membrana esterna è una struttura bilaminare asimmetrica tipica solo dei batteri gram-negativi, composta nello strato più interno da fosfolipidi e nello strato più esterno da lipopolisaccaride (LPS). Il LPS, anche detto endotossina, è formato dal lipide A, che è responsabile dell’attività tossica, e da una porzione polisaccaridica costituita da un core polisaccaridico e dall’antigene O. La struttura del lipide A è formata da un disaccaride di glucosamina fosforilata, a cui sono legati attraverso un legame estere-aminico acidi grassi a lunga catena (stearico, palmitico, miristico, caproico e laurico). Attraverso il disaccaride di glucosamina fosforilata il lipide A è legato allo zucchero chetodeossiottonato (KDO), che costituisce, insieme a zuccheri eptosi, glucosio, galattosio e N-acetilglucosamina, lo scheletro della regione del core (composizione costante nella stessa specie).

Legato al core si trova la regione dell’antigene O, che protrude all’esterno della membrana e che rappresenta l’antigene di superficie o somatico dei batteri gram-negativi. L’antigene O è costituito da lunghe catene formate da unità ripetute di tre-quattro zuccheri e la cui composizione è estremamente variabile anche all’interno della stessa specie permettendo di distinguere tipi antigenici differenti del polisaccaride O. La membrana esterna dei batteri gram-negativi è parzialmente permeabile a piccole molecole idrofile (di dimensioni inferiori a 700 Da) grazie alla presenza di molte proteine transmembrana tra cui le porine, che si associano in trimeri a formare canali e che permettono il passaggio di molecole attraverso la membrana. Tra le porine maggiormente studiate in E. coli vi sono PhoE (viene prodotta in carenza di fosfato), OmpF e OmpC (Omp = outer membrane protein).

Le porine OmpF e OmpC sono codificate rispettivamente dai geni strutturali ompF e ompC. Il rapporto tra i pori formati da OmpF e OmpC cambia in risposta al grado di osmolarità del terreno che circonda la cellula: se la pressione osmotica è bassa viene sintetizzata la porina OmpF, dotata di un poro più ampio, mentre quando la pressione osmotica è più elevata viene sintetizzata la porina OmpC che possiede un poro di dimensioni ridotte. Il regolatore è la proteina OmpR, che quando viene fosforilata (OmpR-P) agisce come attivatore trascrizionale del gene ompC e repressore del gene ompF. Sempre in E. coli è nota la porina LamB, che forma un canale che permette la diffusione facilitata di molecole attraverso un legame specifico. Oltre alle porine nella membrana esterna esistono delle proteine dette recettori TonB-dipendenti, che legano in modo specifico grosse molecole, come ad esempio la vitamina B12 e i complessi chelanti del Fe3+. Anche se risulta permeabile a piccole molecole, la membrana esterna è invece impermeabile a molecole di grandi dimensioni che si fermano nello spazio periplasmico.

Nella matrice gelatinosa che compone lo spazio periplasmico sono contenuti vari enzimi idrolitici che hanno la funzione di avviare la scissione delle molecole nutritive o di degradare antibiotici. Vi sono inoltre proteine di legame, che innescano i processi di trasporto dei substrati, e i chemiorecettori, proteine coinvolte nella risposta chemiotattica. Molte di queste proteine raggiungono comunque il periplasma tramite il sistema di trasporto SecYEG. La parete dei micobatteri è composta da tre strati e data la sua particolare composizione ricca in lipidi complessi e cere non si colora con la colorazione di Gram, ma mediante colorazione di Ziehl-Neelsen, che evidenzia le proprietà tintoriali note come acido-alcol resistenza.

Esternamente alla membrana plasmatica i micobatteri presentano uno strato di peptidoglicano a cui sono legati arabinogalattani, lipoarabinomannani e lipomannani attraverso ponti disaccaridici e infine una micomembrana. La micomembrana è formata da acidi micolici, acidi grassi a lunga catena (fino a 70 atomi di C); gli acidi micolici più semplici sono formati da due catene, una lunga (distale) e una corta (prossimale), e sono disposti in modo che la testa (polare) rimanga verso la membrana plasmatica mentre la porzione apolare si trovi sul versante più esterno della micomembrana. Gli acidi micolici si possono trovare anche legati ad arabinogalattani o altri zuccheri a formare composti come il trealosio dimicolato, detto anche fattore cordale. Quando i micobatteri crescono in terreno liquido, il fattore cordale causa la formazione di ammassi di cellule disposte in cordoni. Nello strato più esterno della micomembrana vi sono i sulfatidi, cioè glicolipidi solfati.

I pili o fimbrie sono strutture accessorie della cellula batterica di natura proteica (costituite da subunità di pilina), rigide o flessibili, disposte uniformemente intorno alla superficie del battere, che favoriscono l’adesività, permettendo alla cellula batterica di aderire e quindi colonizzare le mucose o le superfici inerti. I pili, detti anche adesine, rappresentano quindi un importante fattore di virulenza, ad esempio per alcuni ceppi di E. coli uropatogeni che riescono a colonizzare e infettare l’epitelio delle vie urinarie, o per Neisseria gonorrhoeae, i cui pili hanno anche una funzione antifagocitaria. I pili sessuali (pili F), codificati da un plasmide F (F da fertility), sono invece più grandi dei pili comuni e sono determinanti nel trasferimento di materiale genetico tra batteri durante la coniugazione.

I flagelli sono anch’essi strutture accessorie delle cellule batteriche e forniscono motilità alla cellula permettendogli di dirigersi per chemiotassi verso le sostanze nutrienti (chemiotassi positiva, rotazione antioraria del flagello, movimento rettilineo) e di allontanarsi da quelle tossiche (chemiotassi negativa, rotazione oraria del flagello, serie di capovolgimenti casuali). Le sostanze nutritive o tossiche vengono captate da proteine che trasferiscono il segnale ad altri componenti e attivano la diversa rotazione del flagello. In base alla distribuzione dei flagelli sulla superficie batterica si possono distinguere batteri monotrichi (presenza di un unico flagello a un polo della cellula), amfitrichi (un flagello a entrambi i poli), lofotrichi (ciuffo di flagelli a uno o a entrambi i poli) e peritrichi (presenza di flagelli distribuiti intorno a tutta la superficie batterica). I flagelli sono costituiti di tre porzioni: la regione basale, il giunto e infine il filamento, formato da subunità ripetute di una proteina, la flagellina, sintetizzate nel citoplasma e successivamente trasferite all’apice del flagello.

Il filamento, che è la porzione che si proietta al di fuori della superficie della cellula batterica nel mezzo circostante, tramite il giunto (costituito da proteine differenti dalla flagellina) si collega alla regione basale, che rappresenta il motore del flagello. La regione basale è formata da una struttura cilindrica costituita da un sistema ad anelli diverso tra batteri gram-positivi e gram-negativi. I primi hanno due anelli collegati alla membrana citoplasmatica, mentre i secondi possiedono inoltre altri due anelli più esterni ancorati al peptidoglicano. L’energia necessaria al movimento è data dalla forza proton-motrice prodotta attraverso proteine associate alla regione basale, come le proteine Mot che fungono da motore, e le proteine Fli, che al contrario fungono da invertitore del movimento rotatorio flagellare.

La superficie esterna della cellula batterica di molte specie è spesso rivestita di uno strato polisaccaridico detto glicocalice. Se quest’ultimo è organizzato a formare una fitta maglia di strati polisaccaridici è detto capsula, mentre se lo strato polisaccaridico è poco aderente o poco denso viene definito strato mucoso. La capsula può essere osservata al microscopio ottico dopo colorazione con inchiostro di china (i batteri che possiedono la capsula saranno circondati da un alone chiaro – colorazione negativa). La capsula è uno dei maggiori fattori di virulenza, agisce come barriera per molecole idrofobiche, favorisce l’adesione tra batteri, alle superfici dei tessuti dell’ospite e alle superfici inerti, ha azione antifagocitaria e ha generalmente caratteristiche antigeniche.

I plasmidi sono elementi genetici indipendenti dal cromosoma batterico che non codificano per funzioni vitali della cellula, ma portano informazioni genetiche addizionali. I plasmidi sono molecole di DNA circolare a doppio filamento che si replicano autonomamente in quanto hanno una propria origine di replicazione (repliconi). Alcuni plasmidi sono in grado di integrarsi nel cromosoma dell’ospite e vengono chiamati episomi (ad es. il plasmide F di E. coli). I plasmidi sono stati classificati sulla base dei gruppi di incompatibilità (Inc). Per incompatibilità si definisce l’incapacità di plasmidi che possiedono lo stesso meccanismo di replicazione a propagare stabilmente nella stessa cellula ospite. Pertanto, nella stessa cellula possono coesistere due plasmidi che appartengano a gruppi di incompatibilità diversi.

Alcuni plasmidi contengono geni che li rendono capaci di trasferirsi ad altre cellule batteriche attraverso un meccanismo specializzato di scambio genico orizzontale detto coniugazione, e vengono definiti coniugativi. I plasmidi trasportano spesso informazioni genetiche accessorie che sono in grado di fornire al battere che li possiede un vantaggio selettivo in particolari condizioni ambientali, ad esempio la capacità di utilizzare fonti di carbonio insolite, di produrre batteriocine, tossine, strutture di adesione (sono codificate a livello plasmidico, ad esempio, le tossine insetticide di Bacillus thuringiensis, la neurotossina di Clostridium botulinum, molte batteriocine, le adesine di patogeni intestinali).

Di particolare interesse medico sono i plasmidi R che contengono, oltre ai geni indispensabili per la loro replicazione ed eventualmente il loro trasferimento, geni che conferiscono ai batteri la resistenza verso gli antibiotici (come ad esempio l’enzima β-lattamasi). Si presume che solo parte di una popolazione batterica trasporti plasmidi, assicurando un rapido adattamento dei batteri all’ambiente che li circonda. Uno dei più importanti esempi di adattabilità batterica è rappresentato dalla diffusione di geni di resistenza agli antibiotici, plasmide-mediata, tra batteri di diversi taxa (trasferimento genico orizzontale) in risposta a diverse pressioni selettive.

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