America-Cina

2022-09-23 18:47:26 By : Ms. Anne Tien

Buongiorno, e bentornati su AmericaCina, la newsletter con cui ogni giorno proviamo a spiegarvi mosse e obiettivi delle grandi potenze globali. Oggi è un giorno importante nel conflitto ucraino: Vladimir Putin ha dichiarato la mobilitazione parziale e di conseguenza l’operazione militare «speciale» è diventata una guerra vera e propria (nella foto Afp qua sopra, lo spirito della resistenza immortalato sul fronte di Kharkiv ).

È una conferma delle enormi difficoltà russe, ammesse dallo stesso ministro della Difesa moscovita Sergei Shoigu che ha parlato di combattimenti «non contro l’Ucraina, ma contro l’Occidente», ma anche un modo di alzare la tensione da parte della Federazione e del suo presidente, che ha di nuovo minacciato l’uso di armi nucleari. «Non è un bluff», ha aggiunto.

Noi sappiamo — ce lo hanno detto tutte le fonti di intelligence alleate, quelle che hanno predetto ogni mossa di Putin — che potrebbe essere più che altro un deterrente, un modo per frenare i rifornimenti occidentali a Kiev, per intimorire le opinioni pubbliche. Eppure, notano le stesse fonti, interpretare le mosse del Cremlino non è affatto semplice.

La newsletter America-Cina ed è uno dei tre appuntamenti de «Il Punto» del Corriere della Sera. Potete registrarvi qui e scriverci all’indirizzo: americacina@corriere.it .

Il presidente russo Vladimir Putin, 69 anni

Vladimir Putin ha aspettato per parlare in tv le prime ore di questa mattina, quando anche gli abitanti delle regioni che si trovano a dieci fusi orari da Mosca, in Estremo Oriente, potevano ascoltarlo. E ha detto quello che i falchi da settimane chiedono , visti i successi del nemico su quasi tutti i fronti: un impegno bellico molto più consistente e il ricorso allo spauracchio delle armi nucleari per tenere a freno l’Occidente che «ora tramite l’Ucraina e da sempre in altri modi sta facendo di tutto per disintegrare la Russia dopo aver fatto a pezzi l’Unione Sovietica». E se qualcuno nella sua cerchia non fosse d’accordo con lui, anche sull’eventuale uso della bomba, si tratterebbe certamente di persone su posizioni ancora più estreme e non certo più moderate.

Chiaramente il presidente russo appoggia la decisione dei boss locali delle quattro regioni ucraine che hanno convocato per dopodomani referendum sull’annessione alla Russia. Le forze del suo Paese, ha detto il leader del Cremlino, assicureranno l’ordine nei territori sotto il loro controllo per fare sì che le votazioni si svolgano regolarmente. Affermazione a dir poco ottimista, vista la situazione. E dato anche che una parte dei territori che dovrebbero esprimersi «liberamente» sul proprio destino sono in realtà sotto il controllo di Kiev e quindi non parteciperanno certo al voto che si prolungherà fino al 27.

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Il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu. Alla sua destra il vice Ruslan Tsalikov, a sinistra il generale Valery Gerasimov

Vladimir Putin ha annunciato la mobilitazione parziale, la prima della Russia dal secondo conflitto mondiale, segnando dunque il passaggio dalla cosiddetta operazione militare «speciale» a una dichiarazione di guerra formale , come richiesto dalla legge russa. Gli obiettivi in Ucraina non sono cambiati, ha detto il presidente della Federazione, ma la mobilitazione si è resa necessaria perché l’Occidente ha «superato tutte le linee» fornendo armi sofisticate all’Ucraina, vuole «indebolire, dividere e distruggere la Russia». Le condizioni sul campo sono «difficili» , ha aggiunto il ministro della Difesa Sergei Shoigu intervenendo subito dopo il presidente: «Non stiamo combattendo contro l’Ucraina, ma contro l’Occidente».

L’annuncio di Putin — che finora aveva resistito a indire una mobilitazione — non ha fornito numeri né dettagli, ma parlava di quote per ogni regione della Federazione: il presidente ha già firmato il decreto con effetto immediato , i cittadini mobilitati saranno trattati come truppe a contratto, con salari superiori alla media e durata indefinita, saranno esentati soltanto per motivi di età o salute, oppure se in carcere o impiegati nell’industria bellica. Shoigu ha spiegato invece che la mobilitazione riguarderà 300 mila riservisti : andranno a rimpolpare un’Armata devastata dalle perdite — 5.937 secondo il ministro della Difesa, nell’ordine delle decine di migliaia stando ai conteggi occidentali — e reduce da una cocente sconfitta sul fronte di Kharkiv.

Al fronte — ora lungo oltre 1.000 chilometri — saranno inviati quindi soltanto riservisti con esperienza militare e di combattimento , ha specificato Shoigu: il bacino a cui attingere è di quasi 25 milioni di persone, ha aggiunto, la mobilitazione riguarderà soltanto l’1/1,1% di loro, che comunque affronteranno un nuovo addestramento. Studenti e coscritti resteranno invece sul territorio della Federazione . Resta da vedere cosa succederà dopo i referendum indetti nelle aree occupate dell’Ucraina, nota l’analista Dmitri Alperovitch, che permetteranno al Cremlino di dichiarare le regioni di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia parte della Russia e quindi sotto attacco delle forze ucraine . Per questo la minaccia nucleare evocata da Putin non è da considerare soltanto «un bluff», come anche il presidente ha specificato.

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Il presidente americano Joe Biden, 79 anni, alla partenza dalla base di Andrews verso New York (foto Ap/Gemunu Amarasinghe)

Joe Biden parla oggi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. L’intervento del presidente americano è previsto intorno alle 10,30, ora di New York, le 16.30 in Italia . Ieri il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, ha anticipato quali saranno i temi del discorso preparato da settimane .

Biden naturalmente partirà dalla guerra in Ucraina per sottolineare come la Russia, un membro del Consiglio di Sicurezza, abbia violato i principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite , aggredendo un Paese sovrano. Il leader Usa, quindi, farà leva su questo argomento per rivolgere un appello agli Stati che non hanno aderito alle sanzioni o non si sono ancora dissociati dalla Russia. Nell’elenco figurano India, Brasile, Argentina, Sudafrica e altri ancora. Sullivan non lo ha detto, ma il presidente degli Stati Uniti dovrebbe tornare anche sui referendum «farsa» convocati dal Cremlino nei territori occupati dell’Ucraina. Vedremo se avvertirà ancora Putin: non usare le armi tattiche nucleari. La Cina merita un discorso a parte. Biden riproporrà il suo schema base: siamo in un momento cruciale della storia. Democrazie e autocrazie (leggi Cina e Russia) si sfidano per la leadership politica e morale su scala planetaria . Il presidente Usa rivendicherà i risultati raggiunti nella lotta alla pandemia e si candiderà «a guidare il mondo» nel contrasto al climate change. Infine Biden annuncerà «ingenti investimenti» per migliorare gli approvvigionamenti alimentari nelle regioni più povere del mondo.

L’americana Doreen Bogdan-Martin e il russo Rashid Isamilov, candidati alla guida dell’Itu

All’assemblea dell’Onu oggi Joe Biden si presenta non solo come il leader del mondo che difende l’Ucraina dall’aggressione russa, ma anche come il più agguerrito tutore dei principi — soprattutto rispetto della legalità internazionale e dei diritti umani — che sono alla base della Carta istitutiva delle Nazioni Unite. Principi che sono stati sottoscritti anche da Mosca. Sono pochissimi i Paesi che appoggiano il regime di Putin nel conflitto , anche se diverse nazioni, soprattutto del Sud del mondo, hanno scelto posizioni di neutralità o non hanno applicato le sanzioni contro la Russia.

Ma, mentre nel «Palazzo di vetro» va in onda lo sforzo di accentuare l’isolamento del Cremlino, in un’altra agenzia che fa capo all’Onu, la International Telecommunication Union (Itu), è in corso, proprio in questi giorni, una battaglia per la guida di questo organismo che sovraintende allo sviluppo delle comunicazioni digitali e che è, praticamente, un testa a testa tra un candidato americano e uno russo. L’organismo è tecnico (è nato nel 1865 col telegrafo e svolge compiti come la definizione degli standard delle reti telefoniche e di trasmissione dati o la gestione delle radiofrequenze e delle orbite dei satelliti di telecomunicazione) ma è in grado di pesare molto sul futuro delle comunicazioni , di Internet, delle reti sociali: la scelta è, quindi, tutta politica.

Ed è una scelta tra l’americana Doreen Bogdan-Martin , sostenitrice di un modello di comunicazione libero, fatto di reti decentrate, basato su un Internet indipendente come lo è nelle democrazie industriali, e il russo Rashid Ismailov che punta, invece, seguendo l’impostazione autoritaria dei regimi di Mosca e anche di Pechino, su un intervento molto deciso dei governi : non solo per interventi regolatori che sono effettivamente necessari alla luce della maggiore potenza dei nuovi strumenti tecnologici, ma per consentire loro di avere un pieno controllo dell’utenza.

Praticamente si tratta di quello che la Cina fa da anni al suo interno : sorveglianza capillare, creazione di un firewall per bloccare le comunicazioni sgradite al regime di Xi Jinping, individuazione dei dissidenti, loro punizione. Dopo l’Inizio del conflitto in Ucraina, anche la Russia ha attivato meccanismi di censura più stringenti e ha cominciato a punire i ribelli e anche chi semplicemente chiede che gli vengano restituite le libertà perdute. La novità è che, dal ponte di comando dell’Itu, questi regimi autoritari vorrebbero trasformare i loro modelli illiberali in un nuovo standard internazionale . E non è detto che questo tentativo sia destinato a fallire totalmente perché la coalizione dei Paesi illiberali (ne fanno parte anche Stati tra loro avversari come Iran e Arabia Saudita) è ampia e attira molte altre capitali. Dal Brasile all’India, c’è il rischio di brutte sorprese .

Gli osservatori delle agenzie Onu ritengono che il voto, previsto per la prossima settimana (il 29 settembre), si risolverà in un testa a testa . Molti Paesi considerano questa dell’Itu un’occasione unica per affermare la centralità del ruolo dei governi rispetto alle aziende (soprattutto quelle della Silicon Valley). Nei loro calcoli, le questioni di democrazia e libertà non hanno molta rilevanza rispetto alla volontà di controllo. Per questo, sempre a detta degli analisti, l’aggressione russa all’Ucraina non sposterà di molto il voto dei 193 Paesi membri dell’Itu.

Lynne Tracy, nuova ambasciatrice americana a Mosca (foto Twitter/usembarmenia)

Una donna chiamata a domare l’Orso. Per la prima volta, Mosca avrà un’ambasciatrice americana anziché un ambasciatore . Si chiama Lynne M. Tracy, è dell’Ohio, arriva dall’Armenia dove ha retto la rappresentanza Usa negli ultimi quattro (complicati) anni: a Erevan, ha dovuto gestire la rinascente guerra fra armeni e azeri , per non dire dei difficili rapporti con la Turchia di Erdogan e delle dispute sul genocidio armeno. La nomina di Joe Biden è già stata firmata, ma non si sa se e quando arriverà il necessario gradimento del Cremlino : «Difficilmente è possibile riporre speranze sull’ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca», ha commentato laconico il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, poco impressionato dal fatto che la Casa Bianca abbia deciso di puntare su una donna.

A parte la guerra in Ucraina e la questione delle sanzioni, le relazioni fra i due Paesi — mai così gelide dai tempi della Guerra fredda — sono sull’orlo della rottura anche per la questione dei due americani detenuti da Putin (la giocatrice di basket Brittney Griner e l’ex militare Paul Whelan), per le inchieste ancora aperte sulle ingerenze moscovite nel voto americano e di vari Paesi europei, per una battaglia di spie che negli ultimi mesi ha portato all’espulsione di decine di funzionari russi (da Washington) e americani (da Mosca).

L’ambasciatrice Tracy, narrano, non è tipa da scoraggiarsi: una decina d’anni fa, console a Peshawar, gestì brillantemente gli oscuri legami fra i servizi segreti d’Islamabad e il regime dei talebani . E c’era lei su quelle terre di confine, quando gli americani sorpresero la sicurezza pakistana, andando a prendere e a uccidere Osama Bin Laden. La tosta Tracy è considerata una dem, molto legata a Hillary Clinton , di cui ha fatto la vicesegretaria al dipartimento di Stato e dalla quale ricevette un’onorificenza speciale per «l’eroismo» con cui aveva assolto ai suoi compiti in Asia centrale , dal Turkmenistan al Kazakistan, dall’Afghanistan al Kirghizistan.

È laureata in legge, s’è specializzata in studi sull’era sovietica all’università della Georgia e parla un ottimo russo, perché ha già lavorato da capomissione a Mosca . La Tracy prende il posto di John Sullivan — nipote del famoso William Sullivan, il diplomatico a capo dell’ambasciata Usa a Teheran nel 1979, quando fu assaltata e presa in ostaggio dai khomeinisti —, che a sua volta era stato nominato tre anni fa da Trump e ha chiuso il mandato in anticipo , a causa d’una grave malattia e della morte della moglie, ma anche per i rapporti sempre più impervi con la cerchia dei putiniani. Considerato dai russi poco più d’una persona non grata, spesso convocato per protesta al Cremlino e richiamato per prudenza in patria, Sullivan non ha mai abbandonato l’ambasciata a Mosca . Ora tocca a Lynne, tenere la posizione.

Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi è andato a consulto da Henry Kissinger, prima di parlare all’Onu

Ha mandato il suo ministro degli Esteri Wang Yi all’Assemblea generale dell’Onu, Xi Jinping. E il messaggio per il mondo (e anzitutto gli Stati Uniti) è che la Cina è disposta a versare molto sangue, se costretta, per la riunificazione di Taiwan . L’esperto diplomatico Wang Yi, sbarcato a New York, è subito andato a consulto dal Dottor Kissinger, «il vecchio amico del popolo cinese» (titolo onorifico che Pechino riserva agli stranieri che hanno incrociato a lungo la sua storia). Kissinger ha ripetuto il suo appello alla realpolitik, soprattutto sulla questione taiwanese , che a suo avviso non deve monopolizzare i rapporti tra Stati Uniti e Repubblica popolare cinese e che invece al momento minaccia «incidenti e escalation». Wang gli ha risposto che invece «attualmente, dovrebbe essere data la massima priorità ad affrontare la questione di Taiwan in modo appropriato e che qualsiasi cattiva gestione di essa interromperebbe le relazioni tra Cina e Stati Uniti».

L’altro giorno Joe Biden ha detto che l’America difenderebbe l’isola democratica con la forza «se si trovasse di fronte a un attacco senza precedenti». Il presidente ha aggiunto che gli Stati Uniti non incoraggiano l’indipendenza taiwanese, ma che il governo di Taipei è «indipendente nelle sue scelte politiche». I suoi consiglieri della Casa Bianca si sono affrettati a dire che la politica americana su Taiwan non è cambiata , ma è evidente che siccome Biden ha ormai ripetuto per almeno quattro volte la sua determinazione a difendere militarmente Taiwan, la linea è di fatto mutata ed è interventista .

Il ministro Wang Yi così ha detto a Kissinger che «raggiungere una riunificazione pacifica è il nostro più grande desiderio e faremo del nostro meglio per ottenerla. Ma deve essere chiaro che quanto più diffusa sarà l’idea di “indipendenza taiwanese”, tanto meno la soluzione della questione sarà pacifica e che ci sarà un effetto sconvolgente sulle nostre relazioni con Washington». Minacciosa la conclusione del capo della diplomazia di Xi : «C’è un vecchio detto in Cina: è meglio perdere mille soldati che un palmo di terreno». Alla luce dell’esperienza russa in Ucraina, il proverbio sbandierato da Wang sembra una risposta a quanti credono che le difficoltà e le gravissime perdite dell’Armata di Putin abbiano sconsigliato a Pechino di seguirne l’esempio con un attacco a Taiwan.

Il nuovo bombardiere B-21 «Rider», invisibile ai radar

Ora c’è la data approssimativa: un giorno della prima settimana di dicembre . Fonti americane hanno indicato che finalmente sarà presentato il nuovo bombardiere B-21 «Rider», velivolo con capacità che dovrebbero renderlo «invisibile» ai radar . Realizzato nella massima riservatezza dalla Northrop Grumman nello stabilimento di Palmadale, in California, dovrebbe compiere il suo primo volo ufficiale nel 2032 . In passato sono uscite riproduzioni al computer di come potrebbe essere il velivolo destinato a rafforzare l’Us Air Force. Il Pentagono dovrebbe acquistarne 100 esemplari.

C’è naturalmente grande attesa tra gli esperti e negli ambienti militari, così come c’è per il possibile test di un nuovo missile a propulsione nucleare russo . Sono stati notati movimenti nella regione artica che farebbero pensare alla prova dello Skyfall. Negli scorsi mesi, attorno al sito noto come Plant 42, sono avvenuti episodi non gravi ma che hanno spinto la sicurezza a indagare : un uomo, vestito di scuro, che vagava attorno al perimetro con una macchina fotografica; alcuni «incidenti» di auto; un ubriaco che ha cercato di scavalcare la recinzione. Forse solo coincidenze oppure la «curiosità» di avvistare qualcosa nell’area dove si studiano progetti top secret.

Chengdu, megalopoli da oltre 21 milioni di abitanti, paralizzata dal lockdown

(Guido Santevecchi ) Brutte notizie sul fronte economico per la Nuova Cina di Xi Jinping : per la prima volta in trent’anni il suo Prodotto interno lordo nel 2022 crescerà meno di quello degli altri Paesi emergenti dell’Asia. La Asian Development Bank ha appena rivisto al ribasso i dati: la Cina aggiungerà un +3,3% al suo Pil, oltre due punti in meno rispetto alla previsione governativa del 5,5% annunciata a marzo. L’Asia in via di sviluppo arriverà al +5,3%. In dettaglio, a settembre l’India sta avanzando con un’espansione del 7%; il Vietnam e Filippine +6,5%; Indonesia +5,4%; Malesia +6%. Le cause del rallentamento di Pechino sono note da tempo : il crollo del mercato immobiliare, che conta per oltre il 20% sul Pil nazionale; gli infiniti lockdown in ossequio alla linea «Zero Covid» che frenano la produzione industriale, tengono a casa la gente e deprimono i consumi interni. La disoccupazione giovanile oscilla intorno al 19%.

Pechino al momento non è disposta a seguire la strategia sanitaria del resto del mondo , la convivenza con il coronavirus basata su una capillare campagna di vaccinazioni. Qualche analista (leggendo la classica foglia di té...) si avventura a prevedere che le restrizioni nei movimenti dei cittadini saranno allentate nella primavera del 2023 . Ma intanto la gente non può viaggiare, rinuncia alle spese superflue, cerca solo di risparmiare. Non è per niente sicuro che l’anno prossimo la tendenza si inverta miracolosamente.

Ancora peggiore la previsione sul settore immobiliare : le vendite di nuovi appartamenti ad agosto sono crollati del 21% su base annua, i prezzi sono scesi del 2.1%. La banca Hsbc, esposta per 12 miliardi di dollari all’indebitamento dei grandi costruttori cinesi, valuta che un terzo del suo credito sia da considerare «substandard» e quindi a rischio. La prova viene dal campo: i cittadini cinesi che da anni non ricevono le chiavi di case pagate e mai terminate hanno lanciato una campagna di boicottaggio dei mutui che al momento ha colpito 312 grandi cantieri in 112 città , senza che il governo centrale sia riuscito a trovare una soluzione. Gli analisti prevedono che i risparmiatori cinesi sposteranno i loro investimenti massicciamente: 127 trilioni di yuan (18 mila miliardi di dollari) saranno tolti dal mattone per finire in prodotti finanziari nei prossimi dieci anni.

Un immagine dei funerali dell’ex premier giapponese Shinzo Abe, assassinato a 67 anni l’8 luglio a Nara

(Guido Santevecchi ) Un uomo di è dato fuoco davanti alla residenza del primo ministro a Tokyo. Un gesto di protesta estremo contro i funerali di Stato per Shinzo Abe , che si svolgeranno il 27 settembre. Abe è stato assassinato l’8 luglio durante un comizio elettorale da un giovane che lo accusava di sostenere una setta religiosa. La cerimonia pubblica a spese dei contribuenti ha diviso l’opinione pubblica . Da settimane si è costituito un gruppo di protesta contro i funerali solenni dell’ex premier: i sondaggi dicono che la maggioranza della popolazione è contraria; lunedì in un parco di Tokyo si sono riunite 13 mila persone per dire il loro no .

La cerimonia, alla quale sono stati invitati decine di governanti del mondo, costerà oltre 11 milioni di euro . Oltre ai costi, viene contestata la mancata azione del governo nei confronti della «Chiesa dell’Unificazione», la setta per la quale simpatizzava Abe e che secondo l’assassino aveva rovinato la sua famiglia sollecitando donazioni eccessive. Un altro motivo di dissenso, più profondo, è il fatto che Abe come politico era considerato una figura divisiva , soprattutto per la sua azione tesa a cambiare la costituzione pacifista del Giappone, adeguandola alle tensioni internazionali.

La copertina del libro di Guido Olimpio, appena uscito per La nave di Teseo

(Andrea Marinelli ) Leggendo questa newsletter avrete imparato a conoscere i racconti e le passioni di Guido Olimpio , che per il Corriere da oltre trent’anni segue il Medio Oriente e il West americano, il terrorismo e le attività di spionaggio internazionale , e poi conflitti armati, padrini messicani, barchini cubani, tunnel di ogni tipo e tanto altro. Ogni giorno Guido legge e annota, raccoglie migliaia di piccoli tasselli che poi lo aiutano a ricostruire il «grande gioco», il mosaico geopolitico globale. Ora ha scavato nel suo archivio leggendario, dando vita a La danza delle ombre , il libro che ha appena pubblicato per La nave di Teseo e che ripercorre le storie di una manciata di spie e agenti con molti segreti , personaggi di cui ha incrociato la strada durante una carriera che lo ha visto fra le altre cose corrispondente a Gerusalemme e inviato con sede a Washington.

Guido non si limita però a ricostruirne le esistenze oscure, ma mette insieme i pezzi, rivela dettagli inediti e prova a capire — e spiegare — cosa li ha spinti a tradire il Paese o, magari, a sterminare la propria famiglia: a dominare, come ci ricorda ogni giorno e scrive lui stesso nel libro, è sempre il fattore umano , che è imperfetto, imprevedibile, ricco di sorprese. Tutti questi personaggi — da Bernard Nut, agente dei servizi segreti francesi ritrovato cadavere una mattina del 1983, a William Bradford Bishop, svanito nel nulla il 2 marzo del 1976, dalla «regina di Cuba» Ana Montes, «tutta casa-lavoro-spionaggio», a Mariam Taha Thomson, che per bisogno d’amore «regalò» otto spie americane agli iraniani — attraversano gli ultimi quattro decenni e hanno una sola cosa in comune : l’ombra in cui si sono mossi e in cui, in parte, sono rimasti. Perché le loro storie, anche quelle concluse con una condanna o con la morte, restano aperte, in attesa di un nuovo file da aggiungere all’archivio di Guido .

Grazie per averci letto fino all’ultima riga. A domani,