Agave. La sartoria etica che sostiene migranti e lavoro

2022-05-27 21:04:51 By : Ms. Yiman Cheng

Agave è una sartoria nata a Padova nel 2015, che da allora ha formato e fatto lavorare decine di migranti. E che ora sogna in grande

La storia di Agave Sartoria Etica inizia a Padova nel 2015 grazie all’idea di Elisiana Taffarel che lavora nell’associazione Unica Terra, realtà padovana attiva dal 1989 nel campo dei servizi di formazione all’immigrazione, come il doposcuola per i minori migranti, i corsi di italiano, gli esami per le certificazioni. Tra i progetti messi a disposizione ce n’era uno, settimanale, riservato solo alle donne, che in quello spazio potevano ritrovarsi e partecipare a laboratori ludici all’interno dell’associazione.

Con la crisi economica del 2008, sono state le stesse partecipanti a richiedere la possibilità di prendere parte a corsi professionalizzanti. Ed è proprio a partire da questa richiesta che si è arrivati alla creazione di laboratori tessili. Il desiderio di Elisiana, in quel momento, era di provare a creare strutture permanenti, ovvero poter formare un gruppo per un anno con una formazione nel settore sartoriale, con l’idea di poterne costruire in futuro un’attività. Con Ornella Dalla Riva, una delle sarte che in quel momento lavoravano presso Unica Terra, alla fine del 2015 Elisiana inizia a pensare concretamente a come mettere in piedi un progetto, che riuscirà a vedere la luce anche grazie ai finanziamenti di enti privati. 

Inizialmente il progetto resta aperto solo alle donne, ma dopo sei mesi la formazione viene allargata anche agli uomini, soprattutto dopo aver scoperto che in Africa le attività sartoriali sono tendenzialmente di competenza maschile. In questo modo il progetto diventa misto, accogliendo e formando uomini che hanno una base di conoscenza dell’attività ma che non possiedono alcune competenze necessarie per lavorare nella sartoria italiana. E anche donne che invece hanno la spinta per imparare da zero il lavoro.

È da qui che parte il primo progetto di Agave. L’agave è infatti la pianta che già nell’antichità veniva usata per cucire: gli aculei come aghi, i filamenti come filo. Un nome quindi perfetto per una realtà che nasce con pochi mezzi e con molto entusiasmo.

Quando all’inizio del 2020 si è aperta la crisi pandemica, la squadra si è ritrovata sfaldata e i componenti del gruppo hanno dovuto ricostruire daccapo la struttura, trovando anche una ragione sociale diversa, e distaccandosi dall’associazione. Per questo, a fine 2020, è stata fondata una cooperativa, con la volontà di costruire un ambiente che potesse inserire nel mondo del lavoro persone straniere che non riescono a trovare uno sbocco e che cercano una possibilità.

Oggi Agave si divide in due parti. Da un lato l’attività di formazione. Un’attività costante nel tempo. Che ha visto passare dalla cooperativa circa 34 persone di diverse etnie, in maggioranza persone africane ma anche brasiliane e indiane. Indirizzate verso Agave attraverso inserimenti con progetti sociali come FAMI (Fondo Asilo Migrazione e Integrazione), SAI (Sistema Accoglienza e Integrazione) o RIA (Reddito di Inclusione Attiva).

Una formazione che comprende un vero contratto lavorativo con durata dai 3 ai 9 mesi. E che vede l’insegnamento di diverse attività: non solo sartoriale, ma anche stireria, produzione e impacchettamento; attività che possono contribuire alla creazione di un curriculum utile per il futuro per l’inserimento in altre realtà del settore.

Il secondo obiettivo di Agave è di fornire ai migranti la possibilità di avere un lavoro più continuativo. Soprattutto per coloro che si distinguono e che diventano parte della squadra a lungo termine. Oltre alle tre socie e a una persona che si occupa della comunicazione, la squadra di Agave comprende al momento un sarto e due donne che si occupano del post-confezionamento, della stireria e del taglio.

Abiti, borse, zaini e gadget. Chiunque può recarsi direttamente in laboratorio e scegliere tra una linea di tessuti tradizionali, puri al 100%, provenienti da filiera italiana. Come cotone, lino, canapa, mussole, sangallo. Oppure tessuti etnici come il wax, un cotone puro al 100% stampato a cera, molto apprezzato dal mercato africano ma realizzato in Olanda e Belgio.

O ancora prodotti che mescolano le due tipologie di tessuti, dando vita a prodotti unici e originali. La cui unione vuole anche sottolineare la possibilità di comunione tra due culture. Da qualche mese è inoltre attivo un e-commerce che permette, anche a chi è lontano, di poter acquistare e scegliere tra la gamma messa a disposizione dalla cooperativa.

Nel frattempo, oltre alla vendita diretta, Agave ha stretto nel tempo collaborazioni con associazioni e Ong. Fornendo sia i propri prodotti, sia creandone appositamente su richiesta. E che vengono messi poi a disposizione dei donatori. Tra i nomi con cui sono state strette collaborazioni figurano Unicef, Save the Children, Amref, Still I Rise e Progetto Mondo. 

Tra i desideri per il futuro di Agave Sartoria Etica c’è ovviamente la possibilità di poter aumentare il numero di soggetti che aderiscono al progetto di formazione. Ma si spera anche di poter inserire nel mondo del lavoro sempre più persone. Facendo quindi crescere la cooperativa di lavoro. «La vera sfida che ci proponiamo – mi racconta Elisiana Taffarel, fondatrice di Agave Sartoria Etica – è quella di puntare a diventare un laboratorio di alta sartoria. Che punti sulla qualità, riconoscibile e che abbia un valore aggiunto, diverso da quello della piccola sartoria».

Questo articolo è stato pubblicato in Storie dal futuro, la newsletter dedicata al racconto e al ritratto dei protagonisti del cambiamento che Valori.it invia ogni lunedì. Se vuoi riceverla iscriviti alla newsletter e seleziona “Economia sostenibile” tra i tuoi interessi.

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