Promuovere l’invecchiamento creativo: il caso dei Paesi Bassi - PPHC.it

2022-07-22 18:46:05 By : Ms. Amy Long

Only fill in if you are not human

Il progressivo invecchiamento della popolazione rappresenta una questione centrale non solo per tutti i Paesi economicamente sviluppati, ma anche per le economie emergenti e i contesti più marginali.

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) stima che nel 2050 le persone con un’età di 65 anni e oltre arriveranno al 25,1% della popolazione degli stati industrializzati, con una concentrazione crescente nelle città [1]. Allargando lo sguardo a livello globale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riferisce che entro il 2050 il numero di persone over60 è destinato a raddoppiare, passando da 1 a 2 miliardi, di cui l’80% vivranno in Paesi a basso o medio reddito [2]. Come indica l’OMS, sebbene la maggior parte delle persone possa aspettarsi di vivere fino a 60 anni e oltre, ci sono ancora poche prove che suggeriscono che questi anni extra siano trascorsi in buona salute. Le città e altri insediamenti umani possono influire direttamente sulla qualità della vita sia attraverso barriere sia tramite incentivi che producono rispettivamente effetti negativi oppure positivi su opportunità, decisioni e comportamenti individuali e collettivi.

Tutti aspetti che chiamano in causa la fondamentale distinzione tra “invecchiamento attivo, inclusivo e integrato” e “invecchiamento non attivo”. A questo proposito, l’economista della cultura Pierluigi Sacco sottolinea che sebbene ci sia una comprensibile tendenza a pensare il tema dell’invecchiamento della popolazione principalmente in termini sociali ed economici, vi sono anche altri fattori molto importanti del fenomeno che riguardano lo sviluppo umano e le opportunità di mobilitare un potenziale umano finora ignorato, che potrebbe contribuire in maniera rilevante alla nostra capacità di affrontare efficacemente le sfide sociali future [3].

In questa direzione, la partecipazione culturale diviene una leva strategica e innovativa delle politiche per l’invecchiamento, in virtù della sua capacità di mantenere le persone cognitivamente e socialmente coinvolte e di contribuire alla prevenzione e mitigazione degli effetti della fragilità di donne e uomini anziani. Il Centre for Cultural Value, nel report sintetico “Older people – culture, community, connection”, evidenzia come la letteratura fornisca numerose prove dei benefici derivanti dalla partecipazione culturale in termini di benessere e senso di appartenenza sociale delle persone anziane.

Restituendo una visione d’insieme delle ricerche pubblicate in inglese tra gennaio 2011 e giugno 2021 che si sono focalizzate sulle persone anziane (di età superiore ai 60 anni), che vivevano a casa all’interno della propria comunità, con risultati relativi alla connessione sociale (inclusi la solitudine e l’isolamento) e al benessere, il Centre for Cultural Value offre un’ulteriore conferma delle ricche evidenze scientifiche, che mostrano molto chiaramente l’impatto positivo della partecipazione culturale sull’aspettativa di vita e sulla salute delle persone anziane [4].

La cultura offre agli over60 opportunità di una più intensa interazione sociale, favorendo la nascita di nuove amicizie oppure rafforzando quelle già in essere. Ne deriva anche una diminuzione del senso di solitudine e isolamento

In particolare, la pubblicazione mette in luce la capacità della cultura di offrire agli over60 opportunità di una più intensa interazione sociale, favorendo la nascita di nuove amicizie oppure rafforzando quelle già in essere, acquistando una maggiore fiducia in sé stesse e nelle proprie abilità. Questi aspetti producono anche una diminuzione del senso di solitudine e isolamento. Inoltre, la più assidua interazione con gli altri porta a ricevere un maggior sostegno da parte dei pari durante i momenti difficili (come ad esempio un lutto), ad accedere a una più ampia gamma di risorse o servizi e a migliorare le relazioni con la propria famiglia e gli amici.

Con riferimento alla partecipazione ad attività culturali di gruppo, è interessante notare come queste pratiche stimolino un senso di appartenenza e/o di inclusione. Ad esempio, cantare regolarmente in un coro oppure frequentare una scuola di ballo consentono di sviluppare un senso di identità collettiva attraverso cui le persone si sentono legate le une alle altre, ma anche sentimenti positivi come la soddisfazione personale e la gioia derivanti dal raggiungimento di un obiettivo comune e dal sentirsi apprezzati e considerati dagli altri, non solo all’interno del gruppo ma anche all’esterno (in occasione di una performance pubblica).

A ciò si aggiungono i benefici derivanti dal fatto che prendere parte ad attività culturali molto spesso significa essere coinvolti in processi che facilitano lo scambio reciproco di esperienze, conoscenze e capacità. Questo permette alle donne e agli uomini anziane di essere protagonisti attivi della costruzione di significati condivisi e di rafforzare le relazioni con gli altri, contribuendo al consolidamento di sentimenti di empatia, compassione e comprensione reciproca. In particolare, tali processi possono essere favoriti da iniziative che prevedono la partecipazione di gruppi intergenerazionali, dalla realizzazione di pratiche che promuovono l’esplorazione di un patrimonio condiviso, di sentimenti come la nostalgia, di particolari eventi della propria vita, oppure da interventi che intendono costruire legami tra e con differenti comunità.

Non meno rilevante è l’apporto di alcuni tipi di attività culturali come il teatro e la danza, oppure le attività manuali, che permettono alle persone anziane di vivere un’esperienza positiva con il proprio corpo. Attraverso il coinvolgimento in questo tipo di pratiche, le persone anziane sentono una più forte connessione con le proprie abilità fisiche e i propri sensi, permettendo loro di acquisire una maggiore consapevolezza rispetto a ciò che sono ancora in grado di fare, accrescendo la loro autostima.

Tutti questi aspetti trovano ulteriore riscontro in uno studio appena pubblicato sulla rivista “Health & Place” che evidenzia come, nel contesto anglosassone, i programmi culturali e creativi promossi dalle cosiddette “place-based organisations (PBOs)” – ossia organizzazioni locali che forniscono servizi non clinici (quali ad esempio trasporti comunitari, attività ricreative di comunità, ecc.) sviluppati sulla base dei bisogni espressi dalle comunità in cui operano – contribuiscano ad alleviare i problemi di salute strutturali e legati all’ambiente di vita degli anziani, attivando quattro diverse forme di agency: relazione sociale, motivazione, auto-continuità e autoefficacia [5].

Ne deriva che la partecipazione culturale offre una corposa e variegata gamma di esperienze che consentono alle persone che appartengono alle fasce più mature della popolazione di mantenere un senso di appartenenza e di significatività, rimanendo emotivamente e mentalmente attive in connessione non solo con i coetanei ma anche con le generazioni più giovani.

In Europa, i Paesi Bassi rappresentano un territorio apripista, che ha deciso di puntare sulle politiche a favore dell’invecchiamento attivo, valorizzando la dimensione proattiva di tale fenomeno, inteso non come centro di costo e criticità, quanto piuttosto come risorsa sociale

In linea con questa visione, all’interno del contesto europeo, i Paesi Bassi rappresentano un territorio apripista, che ha deciso di puntare sulle politiche a favore dell’invecchiamento attivo, valorizzando la dimensione proattiva di tale fenomeno, inteso non come centro di costo e criticità, quanto piuttosto come risorsa sociale, altrove ancora ampiamente trascurata dal punto di vista politico [6].

Tra le recenti iniziative realizzate nei Paesi Bassi, è sicuramente da segnalare il “Creative Ageing International Visitors Program” che ha avuto luogo dal 22 al 26 maggio. Promossa dall’Ambasciata e dal Consolato Generale del Regno dei Paesi Bassi in Italia e dal Centro per la Cooperazione Internazionale DutchCulture, l’iniziativa si è posta l’obiettivo di rafforzare gli scambi e la cooperazione tra il settore culturale italiano e quello olandese, prestando particolare attenzione al rapporto tra cultura e salute con un focus sul tema dell’invecchiamento creativo. Il programma, su invito, ha visto la partecipazione di importanti realtà del panorama culturale italiano caratterizzate da una spiccata sensibilità e da una consolidata tradizione di lavoro nell’ambito del welfare culturale – CCW-Cultural Welfare Center, Compagnie Malviste, Fondazione Compagnia di San Paolo, MTA – Sistema Musei Toscani per l’Alzheimer – che nell’arco di cinque giorni hanno avuto l’opportunità di incontrare e di confrontarsi con rilevanti istituzioni culturali olandesi attive nelle città di Utrecht, Eindhoven, Rotterdam e Haarlem [7].

Restituire nel limitato spazio di un singolo contributo la ricchezza di stimoli, suggestioni, emozioni e riflessioni che il fitto e articolato programma a cui abbiamo partecipato ha saputo suscitare è un’impresa ardua, se non addirittura impossibile. Meglio allora provare a mettere in evidenza alcuni aspetti che nel quadro generale delle azioni intraprese nel contesto olandese sembrano segnare un punto di rottura rispetto al passato e una fonte di ispirazione per quanti desiderano sperimentare nuovi approcci al connubio virtuoso che lega cultura e salute, non solo nel campo dell’invecchiamento attivo ma anche con lo sguardo rivolto al benessere dell’intera collettività.

Rilevante a questo proposito il ruolo svolto dalle politiche culturali e sanitarie. L’incontro con il Cultural Participation Fund – uno dei sei fondi nazionali per la cultura, che riceve il proprio budget dal governo centrale e ha il compito di promuovere il dinamismo, l’innovazione e la sperimentazione in ambito culturale – ha fatto emergere le potenzialità di un metodo di lavoro che si basa su una programmazione quadriennale. Questo orizzonte temporale, considerato imprescindibile nei Paesi Bassi, rappresenta una prima grande differenza con la situazione italiana, perché garantisce lo sviluppo di una progettualità distesa e articolata, favorendo il radicamento sul territorio e la continuità. Tale sistema, introdotto a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, si fonda sul principio che il governo centrale ha il compito di creare le condizioni affinché gli altri livelli di governo e le organizzazioni culturali possano funzionare al meglio. Per legge, è infatti il Ministero dell’Istruzione, della Cultura e della Scienza ad essere responsabile della creazione di tali condizioni favorevoli al mantenimento, allo sviluppo e alla diffusione (sia sociale che geografica) delle diverse espressioni culturali. Anche se la politica culturale olandese viene riformulata ogni quattro anni, nella pratica c’è un alto grado di continuità e temi quali la partecipazione e l’accessibilità alla cultura per fasce sempre più ampie di popolazione rappresentano aree prioritarie di intervento.

Il Cultural Participation Fund sostiene tre programmi principali, il primo dedicato all’educazione culturale e di qualità, il secondo alla cooperazione internazionale e il terzo focalizzato sulla relazione tra partecipazione culturale e salute, con un budget complessivo di circa 7,5 milioni di euro l’anno per il periodo 2021-2024

In materia di invecchiamento creativo, il Cultural Participation Fund – che sostiene tre programmi principali, il primo dedicato all’educazione culturale e di qualità, il secondo alla cooperazione internazionale e il terzo focalizzato sulla relazione tra partecipazione culturale e salute, con un budget complessivo di circa 7,5 milioni di euro l’anno per il periodo 2021-2024 – ha avviato le proprie attività nel 2013 con il lancio del progetto europeo “Long Live Arts”, durato quattro anni e diventato una best practice a livello internazionale. Realizzata dal Cultural Participation Fund in partnership con Stichting RCOAK, Sluyterman van Loo Fund, National Centre of Expertise for Cultural Education and Amateur Arts (LKCA) e VSBfonds, l’iniziativa ha coinvolto oltre 400mila persone anziane e 3.250 professionisti e volontari in 950 progetti culturali per un investimento totale di 9,8 milioni di euro.

Tra i principali risultati del programma, oltre alla pubblicazione del Manifesto “Long Live Arts, Feel the Arts” – che raccoglie una selezione di riflessioni e buone pratiche raccontate e analizzate da esperti internazionali – vi è senza dubbio il fatto che per la prima volta il Ministero dell’Educazione, della Cultura e della Scienza e il Ministero della Salute, del Welfare e dello Sport hanno iniziato a collaborare. Nell’ambito di tale iniziativa, i due Ministeri hanno promosso attivamente l’importanza della partecipazione culturale per le persone anziane attraverso conferenze, working visits e lettere parlamentari. Inoltre, sono stati ampliati i criteri di finanziamento per le attività connesse alla partecipazione e all’educazione delle cosiddette Basic Infrastructure for Culture (BIS) – ossia le principali istituzioni culturali del Paese – e allo stesso tempo sono stati aumentati i budget per le attività quotidiane all’interno delle case di cura. In aggiunta a ciò, su richiesta dei due Ministeri, il Consiglio per la Cultura olandese in collaborazione con l’allora Consiglio per lo Sviluppo Sociale ha pubblicato la raccomandazione “Older people and culture: a matter of value(s)” (2015), e successivamente ha invitato le amministrazioni locali a sviluppare politiche integrate in materia di partecipazione, cultura, salute e welfare, unendo le diverse linee di finanziamento. Quale ulteriore conseguenza del processo virtuoso generato da tale iniziativa, lo scorso anno il Cultural Participation Fund ha potuto contare su un budget extra di 10 milioni di euro messo a disposizione dal Ministero della Salute, del Welfare e dello Sport e destinato a favorire la partecipazione culturale delle persone anziane.

Sulla stessa scia si inserisce anche il programma biennale “Age Friendly Cultural Cities”, nato su ispirazione del network “Age Friendly Cities” promosso dall’OMS, con l’intento di includere in maniera esplicita la cultura tra gli aspetti che contribuiscono a rendere una città a misura delle persone più mature. Tale iniziativa prevede la partecipazione sia delle istituzioni culturali sia delle organizzazioni sanitarie al fine di abbattere le barriere tra arte, cultura, salute e welfare e instaurare una relazione stabile tra cultura e salute all’interno dei territori, partendo dal livello locale per arrivare al livello nazionale. Grazie a questo tipo di interventi – e anche a molte delle idee che sono nate durante la pandemia – è emerso in maniera tangibile come la partecipazione culturale rappresenti una risorsa preziosa per combattere l’esclusione sociale, la solitudine e l’idea di essere inutili che le donne e gli uomini più avanti negli anni sperimentano con maggior frequenza, soprattutto in contesti non abilitanti e scarsamente attenti alle esigenze espresse dagli anziani in relazione alla possibilità di continuare a vivere una vita significativa, dando il proprio contributo alla società.

In questa direzione, appaiono particolarmente significative le sfide future individuate dal National Centre of Expertise for Cultural Education and Amateur Arts (LKCA), che promuove la partecipazione culturale attraverso lo scambio e la diffusione di conoscenza, mettendo in rete investitori sociali pubblici e privati, organizzazioni che producono nuova conoscenza, ricercatori, istituzioni e operatori culturali, ed enti e professionisti che operano nei settori della sanità e del welfare. Adottando un approccio positivo alla salute, ossia valorizzando i benefici che la cultura è in grado di produrre in termini di salute e benessere, il centro sta cercando di individuare le strategie e le pratiche più efficaci per raggiungere, da un lato, le persone anziane provenienti da contesti migratori e, dall’altro lato, gli anziani che vivono da soli a casa. Tra le modalità attualmente più utilizzate per entrare in contatto con questi target, rientra l’individuazione di luoghi e intermediari che possano facilitare la nascita di relazioni, come ad esempio i supermercati e altri spazi che frequentano abitualmente oppure cercando di intercettare chi si prende cura di loro, coinvolgendo la famiglia, gli operatori sociali e anche i medici di base (sebbene questa sia una pratica ancora poco diffusa nei Paesi Bassi).

Passando dalla scala nazionale a quella locale, l’esperienza di Stichting Cultuur Eindhoven offre uno spaccato interessante del fermento in atto nella quinta città dei Paesi Bassi, che conta più di 238mila abitanti (che superano i 450mila se si considerano anche le persone che vivono nelle aree circostanti) e che presenta una forte connotazione legata al suo essere una città industriale con una reputazione riconosciuta a livello internazionale nel campo del design.

La Fondazione, nata nel 2015, ha come obiettivo principale la realizzazione delle politiche culturali cittadine, definite dal Consiglio Comunale che – in maniera speculare a quanto accade a livello nazionale – elabora un framework della durata di quattro anni, delineando i temi prioritari e il contesto d’azione delle politiche culturali locali. Quale ente che promuove la cultura e la creatività, Stichting Cultuur Eindhoven svolge tre funzioni principali: la prima è molto pratica e formale, in quanto essendo un fondo che riceve finanziamenti dalla Municipalità di Eindhoven è tenuto a erogare sussidi e contributi economici a favore di organizzazioni e progetti culturali ma anche di singoli artisti e designer; in secondo luogo, è un connettore, in quanto cerca di costruire nuovi network e relazioni, non solo all’interno del settore culturale ma anche con altri comparti come quello del sociale, del welfare e dell’educazione; infine, in qualità di gruppo di esperti svolge una funzione di supporto nei confronti dell’amministrazione locale circa la definizione delle politiche culturali, e allo stesso tempo affianca le organizzazioni e gli operatori culturali su questioni rilevanti, come le diverse opportunità di finanziamento disponibili.

Nel 2021 la città di Eindhoven ha definito le proprie politiche per la salute per i prossimi anni, con l’intento di migliorare la salute della città e dei suoi abitanti, focalizzandosi sulla salute fisica e mentale all’interno di un ambiente sano

Prendendo in considerazione il rapporto tra cultura e salute, è interessante notare che nel 2021 la città di Eindhoven ha definito le proprie politiche per la salute per i prossimi anni, con l’intento di migliorare la salute della città e dei suoi abitanti, focalizzandosi sulla salute fisica e mentale all’interno di un ambiente sano. Si è trattato di un processo partecipato, in cui a partire da una proposta di base sono state coinvolte una serie di istituzioni e associazioni cittadine impegnate negli ambiti della sanità, del sociale, dello sport e della cultura, tra cui anche Stichting Cultuur Eindhoven, adottando un approccio olistico e integrato.

In questo modo è stato messo a disposizione della Fondazione un budget extra per la realizzazione di progetti pilota con l’obiettivo di sperimentare nuove pratiche culturali, capaci di contribuire al benessere e alla salute degli individui e della collettività. Per stimolare la produzione di idee innovative, Stichting Cultuur Eindhoven ha deciso di lanciare una “open call” rivolta ad artisti, designer e organizzazioni culturali che avevano già lavorato nel campo del welfare culturale in collaborazione con istituzioni sanitarie o che fossero interessati a farlo. A seguito delle manifestazioni di interesse ricevute da parte di una decina di organizzazioni e soggetti singoli, sono stati organizzati due workshop di design in cui i partecipanti hanno avuto la possibilità di conoscersi, di interagire e di collaborare per individuare e definire un’idea progetto. Al termine dei due pomeriggi di lavoro sono state presentate cinque proposte, di cui quattro sono state finanziate e risultano essere attualmente in corso, rivolte prevalentemente alle fasce più giovani della popolazione come bambine e bambine della scuola elementare e ragazze e ragazzi della scuola secondaria superiore.

Nello specifico, i quattro progetti sono:

A livello generale, Cultuur Eindhoven ha scelto di lavorare seguendo un metodo innovativo che, al di là delle opzioni di finanziamento più tradizionali, consenta la realizzazione di programmi e progetti pilota, in quanto nel corso della loro esperienza si sono resi conto che questa è la modalità migliore per innescare un reale cambiamento, stimolando nuovi approcci e nuove pratiche collaborative tra realtà provenienti da settori apparentemente distanti tra loro.

Oltre agli elementi messi in evidenza fin qui, è possibile aggiungere anche l’esperienza del Creative Industries Fund, un altro dei sei fondi culturali nazionali, dedicato a sostenere progetti innovativi di design, architettura, cultura digitale e le loro intersezioni. Uno spazio fondamentale di sperimentazione libera, per testare soluzioni inedite alle problematiche principali della società contemporanea, anche solo per poi stabilire che determinate soluzioni non sono efficaci, non sono sostenibili, o non possono essere messe a regime.

La differenza più grande che emerge tra il contesto olandese e quello italiano è la presenza di una visione in materia di politica culturale insieme alla struttura organizzativa introdotta per sostenerla

A valle di queste prime testimonianze che offrono uno spaccato – per forza di cose non esaustivo – della articolata programmazione nazionale e locale che indirizza il settore culturale olandese, la differenza più grande che emerge tra il contesto olandese e quello italiano è la presenza di una visione in materia di politica culturale insieme alla struttura organizzativa introdotta per sostenerla. Questa forte consapevolezza, che informa la cornice teorica generale della sfera tecnico-politica e si traduce in supporto pratico e operativo, oltreché economico, è l’aspetto illuminante che vogliamo sottolineare e che portiamo con noi dall’esperienza del Creative Ageing Visitors Program.

Passando dalle politiche alle pratiche, una situazione stimolante è rappresentata da Sectie C, una zona di capannoni industriali dismessa nella periferia di Eindhoven che è stata occupata da artisti, designers e creativi e riconvertita in un’area culturale e creativa molto vivace e attiva.

Qui hanno la propria sede Carte Blanche, un collettivo teatrale che realizza spettacoli con persone con e senza disabilità, e molti studi di designers sociali tra cui Mats Horbach di Atelier Mats che lavora sui temi dell’invecchiamento creativo, dei problemi legati alla salute e del collegamento delle generazioni.

Tra i progetti più recenti sviluppati dallo studio in collaborazione con Anne Ligtenberg c’è la start up di un gioco di ruolo cooperativo ideato per sensibilizzare gli adulti sulle problematiche relative all’invecchiamento. Un modo giocoso, apparentemente leggero, per riflettere su una serie di situazioni di criticità (solitudine, isolamento, limitazioni) in una fase della vita precedente alla vecchiaia, così da acquisire una consapevolezza che possa aiutare a mettere in atto delle strategie di contrasto, come ad esempio la creazione di una rete relazionale ampia e declinata in senso intergenerazionale. E, dal nostro punto di vista, una strategia di sensibilizzazione sull’anzianità e sull’invecchiamento davvero travolgente, proprio perché basata sul gioco.

Tantissimi gli stimoli derivati da esperienze e progetti visti nella pratica. Tra tutte, crediamo che il nuovo allestimento espositivo del Van Abbe Museum tramite la mostra Delinking and Relinking, offrendo un approccio multisensoriale alle opere in un’ottica di accessibilità universale, e proponendo di sperimentare l’arte annusando, toccando, ascoltando e vedendo, sia un modello dirompente, a cui tendere e da seguire. Perché è un approccio che elimina i confini e le barriere tra categorie di persone, abilitando tutti a utilizzare i cinque sensi per un’esperienza immersiva nell’arte. Come, ad esempio, allestire le opere ad altezza di una persona seduta: questo le rende accessibili allo stesso modo a persone in carrozzina, a persone sedute sulle panchine della sala, alle bambine e ai bambini. È una scelta di campo che considera tutti i visitatori allo stesso livello, senza porre l’accento sulle limitazioni e sulle disabilità. Un approccio davvero inclusivo, in un certo senso rivoluzionario, all’esperienza di incontro con l’arte e con il museo.

Da un’istituzione culturale di grandi dimensioni e di rilievo, che ripensa il suo ruolo in relazione alle comunità di riferimento in termini fortemente inclusivi, a una piccola realtà indipendente, che mostra una vocazione all’inclusione sociale: è il caso di Kunstuitleen Rotterdam, una galleria d’arte che dagli anni ’70 del Novecento colleziona opere di artisti contemporanei e le mette a disposizione della comunità attraverso un noleggio a prezzi molto contenuti, per agevolare la fruizione culturale per tutti gli strati sociali. La politica della galleria è quella di incentivare il consumo dell’arte rivolgendosi a tutti, dagli studenti agli anziani e a tutte le categorie sociali che possono circondarsi di opere d’arte originali nelle loro abitazioni o in situazioni particolari, prendendole in affitto per periodi che variano da pochi giorni ad anni.

Intorno alla mission della galleria sono stati poi sviluppati dei progetti educativi specifici, come Brain Art, rivolto alle residenze per anziani, che consente alle persone con demenza di godersi l’arte visiva attraverso piccole esposizioni itineranti e dei supporti online che mettono i carer professionisti delle strutture in grado di organizzare attività educative in relazione alle opere in mostra. Un’idea davvero innovativa di arte che si muove, incontra le persone, abita le case e costruisce relazioni di senso con le comunità.

Molti dei progetti citati sono ancora in corso per cui al momento non sono disponibili i risultati di una valutazione completa dei processi intrapresi. Tuttavia, le lezioni apprese attraverso l’esperienza delle varie realtà che abbiamo incontrato mettono in evidenza come attivare delle collaborazioni tra partner diversi che operano all’interno di domini differenti – cultura, educazione, sociale, sanità – possa essere alquanto difficile anche in un territorio abituato ad accettare nuove sfide, ed è necessario investire tempo e risorse nella costruzione di partnership e nella scelta dei soggetti giusti con cui avviare progetti condivisi. Inoltre, ogni target group ha delle esigenze specifiche, per cui è necessario avere anche il tempo necessario per capire quale approccio funziona meglio con ciascuna categoria di destinatari, avendo la possibilità di sbagliare e di testare nuove pratiche e nuovi metodi.

In definitiva, è possibile affermare che sebbene molte città olandesi si presentino come contesti più propensi alla sperimentazione nel campo del welfare culturale, come sottolineato dalle stesse istituzioni e organizzazioni culturali coinvolte nel programma di scambio internazionale, resta aperta la questione su come rendere la relazione tra cultura e salute strutturale e sostenibile nel lungo periodo attraverso inedite modalità di finanziamento e una nuova stagione di politiche culturali, sanitarie e di welfare, che consenta di trasformare i progetti puntuali in servizi duraturi e costanti a beneficio delle persone anziane e di tutta la collettività.

[1] OECD. Ageing in cities. Paris, France: OECD Publishing, 2015. Inoltre, nel rapporto “Society at a Glance” pubblicato nel 2019 dall’OECD si riferisce che se nel 2015 in Italia c’erano 38 persone anziane (ultra-65enni) ogni 100 persone tra i 20 e i 64 anni – il doppio rispetto al 1970 (19 ogni 100) -, entro il 2060 si arriverà a 69 ogni 100, con i tassi di dipendenza più alti del mondo, dopo quelli del Giappone (e di almeno 10 punti più alti delle medie dei Paesi OCSE).

[2] The Global Network for Age-friendly Cities and Communities: looking back over the last decade, looking forward to the next. Geneva, Switzerland: World Health Organization; 2018 (WHO/FWC/ALC/18.4). Licence: CC BY-NC-SA 3.0 IGO.

[3] European Commission. Workshop for the experts of che EU member States on culture for social cohesion outcomes and lessons learned. 26-27 November 2020. Compiled by Anna Kedziorek, Monica Urian, Gabrielle Bernoville & Michelle Sun, Directorate-General for Education, Youth, Sport and Culture – Unit for cultural policy. In the framework of the Council Work Plan for Culture 2019-2022. December 2020.

[4] A questo proposito, si veda ad esempio: B.B. Konlaan, L.O. Bygren, S. Johansson, “Visiting the cinema, concerts, museums, or art exhibitions as determinant of survival: A Sw edish fourteen-year cohort follow-up”, Scandinavian Journal of Public Health 28(3): 174-178, 2000; D. Fancourt, A. Steptoe, “The art of life and death: 14 year follow -up analyses of associations between arts engagement and mortality in the English Longitudinal Study of Ageing”, BMJ, 367, 2019; D. Fancourt, A. Steptoe, “Cultural engagement predicts changes in cognitive function in older adults over a 10 year period: findings from the English Longitudinal Study of Ageing”, Scientif ic Reports 8: 10226, 2018; U. Tymoszuk, R. Perkins, N. Spiro, A. Williamon, D. Fancourt, “Longitudinal associations between short -term, repeated and sustained art engagement and well-being outcomes in older adults”, The Journals of Gerontology Series B 75(7): 1609-1619, 2020.

[5] E. Bellazzecca, S. Teasdale, O. Biosca, D.A. Skelton. “The health impacts of place-based creative programmes on older adults’ health: A critical realist review”. Health & Place. Volume 76, July 2022, 102839.

[6] C. Seia. Creative Ageing. Aggiungere giorni alla vita e vita ai giorni. Letture Lente. AgenziaCULT. Dicembre 2021.

[7] Le realtà incontrate nel corso del Creative Aging Visitors Program The Netherlands sono: Cultural Participation Fund, LKCA, AxionContinu, Hangplek voor Ouderen, Stichting Cultuur Eindhoven, Philips Museum, Morgenmakers, Vitalis, Sectie C, Carte Blanche, Social designers Anne Ligtenberg, Atelier Mats, Onvergetelijk Museum, Creative Industries Fund NL, Move Well, Women Connected, BrainFrame, Punt 5, Museum of the Mind.

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