Padre Vincenzo Scrudato festeggia il Cinquantesimo Anniversario di Sacerdozio | Magaze.it

2022-08-26 18:41:55 By : Ms. Selina Tang

Padre Vincenzo, lei è originario di San Giovanni Gemini e svolge adesso il suo servizio a Salemi, qual è la riflessione che nasce in lei dando uno sguardo ai suoi 50 anni di sacerdozio che quest’anno festeggia?

Dando uno sguardo retrospettivo a questi miei 50 di ministero nella Chiesa e nell’ordine dei Frati Minori Cappuccini, sgorga dal mio cuore un sentimento profondo di gratitudine verso il Signore, per la misericordia e la benevolenza che mi ha manifestato in tutti questi anni.

Guardo con stupore a quanto ha operato il Signore servendosi di me, nonostante tutti i miei limiti, incoerenze, peccati, e, non ultima, la fatica del mio credere.

In tutta verità, posso fare mie le parole di Paolo ai cristiani di Corinto:

Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto… Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole… Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato…

Ci ho messo un po’ di tempo per calarmici dentro. Ci ha pensato il Signore, a smontarmi un po’ alla volta, come sa fare lui.

Oggi ho questa certezza: Dio passa attraverso la debolezza dell’uomo, quando questa diventa consapevole e viene assunta.

Ho sperimentato davvero la meraviglia di poter dare quello che non si possiede: dolce miracolo delle nostre mani vuote! usarndo le parole che Bernanos mette in bocca ad un povero, tragico prete, protagonista del suo romanzo, le Curé de campagne.

Come si è fatto presente Dio nella sua vita?

C’è stato un modo tutto particolare da parte di Dio nel farsi presente nella mia vita: mi ha condotto per strade che non avrei scelto di percorrere e mi sono trovato in luoghi e in servizi in cui non pensavo di dovermi trovare.

Ero proiettato verso il mondo dei miei studi, della ricerca e dell’insegnamento nell’ambito biblico, per il quale mi ero preparato frequentando il Pontificio Istituto Biblico di Roma, grazie al sostegno della mia Provincia monastica di Palermo.

Invece, mi sono ritrovato subito a svolgere il mio ministero presso una parrocchia della periferia di Roma. Ma proprio in quella parrocchia ho avuto la prima sorpresa:

In una situazione stranissima, senza volerlo e senza cercarlo, ho incontrato il Cammino Neocatecumenale. È stato il grande dono di Dio, che mi ha permesso di passare indenne il periodo problematico, anche per la Chiesa, del ’68: Molti miei confratelli, compagni di studio nel nostro Collegio Internazionale Lorenzo da Brindisi di Roma, hanno lasciato l’ordine e il sacerdozio.

Poteva capitare anche a me.

La sua esperienza sacerdotale si è svolta anche fuori dall’Italia?

Nel 1987 mi vengo a trovare in Grecia. Tutto potevo immaginare, ma non di finire in Grecia. Me lo chiese l’allora Generale del nostro Ordine, fra Flavio Carraro. Si trattava di un progetto interessante, che mi avrebbe permesso di approfondire i miei studi e pervenire al dottorato in sacra Scrittura. Insieme ai frati di Parma, che erano presenti in Turchia, si pensava di creare dei centri di studio tra la Turchia e la Grecia, seguendo l’itinerario Paolino. Il progetto non è andato in porto, e così sono rimasto a Creta in aiuto ai miei confratelli greci. Sono stati quattro anni molto intensi, che mi hanno permesso di conoscere il mondo dell’ortodossia.

Pochissimi i cattolici, tantissimi i turisti che frequentavano la messa domenicale.

Questo ci obbligava ad una celebrazione multilingue, con l’omelia in greco e la traduzione simultanea in inglese, con canti preparati in modo che tutti potessero cantare lo stesso canto nella propria lingua. Indimenticabile una Pasqua a Canea. Con un gruppo di Polacchi e di Americani, abbiamo preparato il Santo Triduo e la Veglia pasquale in sei lingue, usando i canti del Cammino neocatecumenale, disponibili in quelle lingue. Un’esperienza di comunione bellissima. Tutti hanno potuto partecipare nell’ascolto e nel canto. L’agape, dopo la celebrazione, ci ha permesso di constatare la sorpresa e la gioia dei tanti gruppi linguistici presenti. Sembrava di respirare la Chiesa nella sua cattolicità.

Tra le altre cose abbiamo restaurato le nostre tre chiese di Iraklion, Rethymnon e Canea. Ogni fine settimana mi dividevo tra queste tre chiese più una chiesetta che il Vescovo Ortodosso ci aveva messo a disposizione a Jerapetra. Sabato pomeriggio celebravo a Rethymnon, la Domenica mattina a Canea, a pranzo ritornavo a Iraklion e il pomeriggio celebravo a Jerapetra, dall’altra parte dell’Isola. Jerapetra dista da Canea Km. 210.

Quando poi è ritornato in Sicilia, come pensava si dovesse svolgere il suo ministero?

Sono tornato a Palermo nel Gennaio del ’92, dovevo iniziare il corso di greco biblico nella Facoltà Teologica di Palermo, pensavo che ormai ci fossero le condizioni per dedicarmi esclusivamente all’attività academica, ma anche questa volta il Signore voleva altro. Mi sono ritrovato parroco a Caltanissetta, dove ero andato per tre mesi e ci sono rimasto 24 anni. In Facoltà ho potuto mantenere soltanto i vari corsi di Greco biblico e di Ebraico, che ho svolto e svolgo  con passione, come servizio alla Chiesa, cercando di fare innamorare gli studenti di queste lingue, strumenti indispensabili per navigare nel mare della parola di Dio, per trovare in essa l’alimento per la propria vita personale e per quella del popolo di Dio. Forse non ci sarò riuscito con tutti, ma molti miei ex alunni hanno un bellissimo ricordo di quelle lezioni.

I 24 anni a Caltanissetta come sono stati? A Caltanissetta, come ovvio, ho vissuto l’esperienza più lunga e significativa. Non avevo grandi miei programmi da realizzare come parroco. La realtà di una società sempre più secolarizzata, l’urgenza di una nuova evangelizzazione, mi ha portato a dare un taglio kerygmatico a tutta la nostra pastorale, centrata, cioè, sull’annunzio dell’amore di Dio per ogni uomo. La scelta del Cammino neocatecumenale ne è stata la conseguenza, necessaria per dare la possibilità a chi fosse interpellato dal Kerygma  di sperimentarne la verità attraverso un cammino di riscoperta del battesimo a livello esistenziale. È stata una grazia di Dio anche questa. Non ho rimpianti Ho toccato con mano come la Parola di Dio, se accolta, ha il potere enorme di fare nuove tutte le cose. Dietro queste parole, che possono sembrare uno slogan, c’è la concretezza di tanti volti, di tante storie, di tante situazioni disperate, di tante vite distrutte, di tanti matrimoni senza speranza, che Dio ha ricostruito. Dio è stato generosissimo. Ci ha permesso di ricostruire e far rivivere la comunità cristiana e nello stesso tempo di affrontare i tanti lavori, a partire dalla chiesa nuova, necessari per accogliere dignitosamente la realtà di una comunità parrocchiale continuamente in crescita. Il Signore ci è venuto incontro in un modo impressionante. Abbiamo sperimentato continuamente la sua provvidenza. Abbiamo perso il conto di quanto si è speso. Nessun aiuto dall’esterno. Il Signore si è servito della generosità dei fedeli. In questi anni Dio ci ha donato tre Presbiteri.

Ha avuto anche una malattia alle corde vocali?

Nel 2016, il Signore mi ha visitato con una malattia alle corde vocali. Avevo perso quasi del tutto la voce. Sono rimasto tre anni a Palermo, continuando, anche se con fatica, i corsi in Facoltà e seguendo una comunità neocatecumenale nella parrocchia della Sacra Famiglia.   E adesso, oltre a svolgere l’attività accademica, si è ritrovato a Salemi

Sì, per ultimo, mi sono trovato qui a Salemi. Anche la mia venuta a Salemi, non rientrava nei miei pensieri. Non perché lo escludessi, ma perché alla mia età non pensavo di ritornare a fare il Parroco. La mia venuta è coincisa con il periodo difficile e travagliato della Pandemia con conseguenze serie per l’attività pastorale, praticamente bloccata. È come se fossi arrivato qui solo adesso e sono contento di essere qui.

Che cosa pensa della Pandemia? Che impatto ha avuto sulla fede cristiana? La Parola di Dio può essere la chiave di volta di questo complicato periodo storico che stiamo vivendo?

L’avvento della Pandemia ha di fatto accelerato il processo di secolarizzazione e scristianizzazione.

già in atto da decenni, facendogli fare un balzo in avanti di circa vent’anni. Ero sicuro che questo periodo sarebbe arrivato, ne parlavo spesso con i miei alunni, ma non pensavo di trovarmici dentro anch’io. Vivo questo momento, complesso e travagliato e col peso dei miei anni che avanzano, nella certezza che Dio in questa situazione non è assente. Lui ama il mondo e ama la Chiesa. Umanamente sembra di vivere un fallimento. Mancano i presbiteri, conventi e seminari pressoché vuoti, quasi vuote le chiese. Ma la Parola di Dio, ci offre, come sempre, la chiave per leggere nella prospettiva della fede gli avvenimenti. Anche questo. Al riguardo trovo molto consolanti e illuminanti le parole di Osea: la (Israele, in ebraico, è femminile) condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore … Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto (Osea 2,16-17).   Dio sta conducendo la sua Chiesa nel Deserto, per parlare al suo cuore.   Il deserto è il luogo per eccellenza per ascoltare la parola del Dio vivente, perché nel deserto tutte le altre parole restano mute e tutti gli idoli del modo mostrano la loro inconsistenza. Anche noi, purtroppo, nella nostra pastorale, da parecchi decenni, ci siamo appoggiati agli idoli del mondo. Ricordo che nella lingua ebraica c’è un legame molto stretto tra parola e deserto, anche a livello lessicale: DAVAR è la parola, MIDVAR, il deserto. Non dimentichiamo inoltre che la parola biblica non è legata ad un concetto, ad un’idea, ad una verità, come per i greci, ma è legata al seme, quindi alla fecondità. Uscì il seminatore a seminare. … il seme è la parola di Dio (Lc. 8, 5.11). Da essa si può ripartire e si può ricominciare, come nella prima evangelizzazione. Sono convinto che oggi sta covando qualcosa di grande nella Chiesa. Dio è all’opera. Sta preparando uno scenario perché entri in scena una Chiesa finalmente libera da tutta l’impalcatura religiosa che l’appesantisce e capace di esprimere, in tutto il suo splendore, la bellezza della vita nuova in Cristo. La bellezza della vita senza la morte.   Penso che ci troviamo nel travaglio del parto. Nascerà la novità di Dio. Io parteciperò alle sofferenze e al travaglio del parto. Probabilmente non vedrò lo splendore di questa nuova Chiesa, ma gioisco già contemplandola nel sogno.

Che cos’è per lei il cristianesimo e la scelta vocazionale del sacerdozio?

Rispondo partendo dalla seconda parte della domanda. Più precisamente non si tratta di una scelta, ma di una chiamata. Non è l’uomo che decide  di accedere al Sacerdozio, ma è Dio che chiama a  quel servizio particolare nella Chiesa. Tutto, nel cristianesimo, prende senso a partire dall’esperienza battesimale. Ma parlando di esperienza battesimale, si tocca il problema più serio che viviamo oggi come Chiesa. Non parlo del Battesimo in sé, ovviamente, perché dal punto di vista teologico lo possiamo definire in modo chiaro. Mi riferisco alla prassi battesimale, che è il fatto più decisivo. E’ sufficiente evidenziare una situazione che è sotto gli occhi di tutti. Noi oggi battezziamo i nostri bimbi. Una cosa ottima in sé. Il problema è che già l’indomani inizierà subito per loro un processo di sbattezzamento:  Viviamo in un contesto culturale, in cui la mentalità dominate è anticristiana, anche se la maggior parte degli italiani è gente battezzata. Di conseguenza, man mano che questi bimbi vanno crescendo, vivranno immersi, battezzati,  in questa mentalità (battezzare in greco, significa immergere!). A vent’anni sono belli e sbattezzati: Sono cristiani per il battesimo, ma il loro modo di pensare non avrà niente a che fare con il pensiero di Cristo (cfr. 1 Cor. 2,16). Succede la stessa cosa che succederebbe se trapiantassimo una pianta tropicale in Siberia!   Inoltre facciamo i conti con le conseguenze, anch’esse molto serie, di un processo che si è andato determinando, ormai da secoli: Abbiamo concettualizzato il cristianesimo, dandone anche una lettura dal taglio moralistico.

Esattamente il contrario del cristianesimo, perché il cristianesimo è avvenimento, è una possibilità offerta  a quest’uomo figlio di Adamo, che persa l’origine, il Padre, da cui gli viene la vita, vive nel chiuso della sua disperata e tragica finitudine senza via d’uscita.

E’ sufficiente fare riferimento a qualche testo di Paolo per chiarirlo.

Tengo a precisare, però, che in questi testi, che riferirò, Paolo non spiega il battesimo, ma fa riferimento all’esperienza, che ne hanno fatto i suoi cristiani. Lo dimostra il fatto, che  noi, quando ci accostiamo, per esempio, ad un brano della lettera ai Romani, abbiamo bisogno dell’esegeta che ce lo spieghi. Viene spontanea la domanda, chi ha spiegato ai Romani la lettera inviata loro da Paolo? Non penso che avessero qualche teologo o qualche biblista a disposizione.

Semplicemente non ne avevano bisogno, perché quello di cui parlava Paolo, la vita nuova in Cristo, era quello che avevano vissuto e quindi lo capivano benissimo. Ascoltiamo Paolo:

Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova…  offrite voi stessi a Dio come viventi, ritornati dai morti (Rm. 6,4.13)

Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo (Ef. 2,4-5)

Come potete constatare, all’inizio della vita cristiana non c’è una teoria di cui convincerci, né una proposta etica da accogliere. C’è un fatto sconvolgente: muore la vita morta dei figli di Adamo e si riceve lo Spirito di Gesù Cristo Risorto.

Molto concretamente, io che ho ricevuto dai miei genitori una vita che cammina inesorabilmente verso la morte, ricevo una  vita uscita dalla morte, una vita indistruttibile:

Cristo risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui (Rm. 6,9).  

E’ questo l’avvenimento del Battesimo: l’uomo ritrova esistenzialmente il Padre, ritrova la relazione, che fonda la sua esistenza, una relazione che neppure la morte può distruggere.

Tutto ciò era chiarissimo nella prassi battesimale della Chiesa antica: Accolto il Kerygma dell’amore di Dio, l’uomo entrava in un tempo di gestazione, che durava minimo tre anni, durante il quale  sperimentava, non imparava, che Dio gli cambiava la natura, dandogli quella di Gesù Cristo.

Una nuova natura, che gli permetteva di vivere nei termini di un amore spinto all’estremo (cfr. Gv. 13,1), un amore impossibile per l’uomo che vive nell’orizzonte della morte (1 Cor. 2,14).

Allora la vita cristiana è la conseguenza di un avvenimento, non di principi etici. L’amore al nemico (Lc. 6,27.35), non è il punto di arrivo dello sforzo  dell’uomo, ma è il punto di partenza, dono dello Spirito:

La speranza non delude perché l’amore di Dio (quel tipo di amore, che Gesù ha raccontato sulla croce) è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito (Rm.5,5), e

Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal. 2,20).

Chiedete alla gente e vi dirà che il cristianesimo è una gabbia fatta di prescrizioni, divieti, rinunzie e sacrifici che rendono insopportabile la vita! Per questo la gente scappa dalla Chiesa.

Se vogliamo ripartire, è indispensabile recuperare l’esperienza battesimale.

Lo aveva intuito con molta chiarezza Sua Santità, S. Giovanni Paolo II, quando affermava che bisogna rifare il tessuto della Chiesa. Dal tessuto infatti si fanno i vestiti.

Il tessuto è la vita nuova in Cristo. L’avvenimento, non la nozione imparata al catechismo!

Da questo tessuto si formano i cristiani, i presbiteri, i monaci, i frati, le suore, i Vescovi, i Cardinali, i Papi.

A me sembra a volte, che vogliamo fare il vestito senza la stoffa!

E’ da questo incontro con l’Amore, che scaturiscono tutte le vocazioni. Una chiamata a declinare questo amore nei vari ambiti e modalità dell’esistenza, nel matrimonio, nel sacerdozio, nella vita consacrata.

Sarà sempre una vita donata nella gioia, perché frutto di una pienezza di vita, non di sacrifici.

In qualsiasi stato, si farà presente quel modo di vivere di Gesù Cristo, nel dono totale di sé, quel modo di vivere possibile soltanto a chi ha vinto la morte.

Grazie Padre Vincenzo Scrudato per il suo ministero sacerdotale svolto in questi 50 anni come docente e come parroco alla luce della Parola di Dio. La nostra preghiera per lei affinché possa continuare ad avere forze rinascenti per essere sempre attivo nel servizio della Chiesa e del Vangelo.