National Geographic

2022-07-22 18:38:56 By : Mr. Aries Gu

Rappresentazione artistica del batterio gigante Thiomargarita magnifica, trovato sulle foglie sommerse di mangrovia nei Caraibi.

Normalmente quando si parla di batteri immaginiamo organismi minuscoli, visibili solo sotto la lente del microscopio.

Ma gli scienziati hanno scoperto un gigantesco batterio di colore bianco che cresce sulle foglie marcescenti sommerse dall’acqua salmastra di una palude di mangrovie a Guadalupa, nelle Piccole Antille.

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È così grande da essere visibile a occhio nudo. Ma le dimensioni non sono la sola caratteristica sorprendente di questo lungo batterio filamentoso: la sua struttura è più complessa di quella di qualsiasi altro batterio conosciuto e, a differenza della maggior parte dei suoi simili, ha il DNA incapsulato in piccole sacche.

Questi sono filamenti di Thiomargarita magnifica, il più grande batterio finora scoperto. È 50 volte più grande del precedente detentore del record.

Il batterio Thiomargarita magnifica è stato scoperto vicino a una palude di mangrovie nelle Antille francesi, e appartiene al genere di batteri Thiomargarita.

Un batterio Thiomargarita magnifica accanto a una moneta da dieci centesimi di dollaro.

I batteri giganti precedentemente scoperti, alcuni dei quali arrivano a formare filamenti lunghi qualche centimetro, sono composti da centinaia fino addirittura a migliaia di cellule. Ma il nuovo batterio, che raggiunge più o meno le dimensioni di un ciglio, è un’unica cellula batterica. “Rendersi conto che un batterio filamentoso di quelle dimensioni fosse effettivamente un singolo batterio è stato sbalorditivo”, ha affermato in un’intervista a National Geographic Jean-Marie Volland, biologo marino presso il Lawrence Berkeley National Laboratory che ha condotto la ricerca.

Gli scienziati hanno denominato il microbo Thiomargarita magnifica, per le sue dimensioni e per i granuli di zolfo contenuti nella cellula che le conferiscono una lucentezza perlacea. Il T. magnifica non solo è oltre mille volte più grande di un normale batterio, è anche più lungo di molti animali multicellulari, come ad esempio i moscerini della frutta. In una recente conferenza stampa Volland ha detto che “Scoprire questo batterio è stato sorprendente come incontrare un essere umano alto come il Monte Everest”.

“La scoperta di questo nuovo batterio Thiomargarita evidenzia una volta di più l’incredibile diversità del mondo microbico, nonché gli intricati adattamenti strutturali e genomici dei batteri, che consentono loro di crescere fino a raggiungere dimensioni cellulari che nessuno avrebbe previsto”, afferma Andreas Teske, biologo marino presso l’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill. Teske aveva contribuito a scoprire il batterio che prima del Thiomargarita magnifica deteneva il titolo di batterio più grande, il Thiomargarita namibiensis.

Questo ci indica chiaramente che i batteri sono molto più complessi, organizzati e versatili di quanto pensiamo, afferma Chris Greening, microbiologo presso la Monash University in Australia, che non ha preso parte alla scoperta. “I batteri continuano a mettere in discussione i testi dei libri che li descrivono”.

Nel 1999, Teske e altri scienziati hanno scoperto un batterio di sorprendenti dimensioni, che hanno chiamato Thiomargarita namibiensis, ovvero “Perla sulfurea della Namibia”. Fino ad ora quel batterio - che crescendo forma un filamento composto da una serie di “perle biancastre” che in alcuni casi raggiungono le dimensioni di tre quarti di millimetro e quindi è sufficientemente grande da essere visibile a occhio nudo - deteneva il record del batterio più grande mai scoperto. Ma il suo simile trovato nei Caraibi è oltre 50 volte più grande.

Petra Anne Levin, microbiologa presso l’Università Washington a St. Louis, non coinvolta nella scoperta, non è sorpresa di tali dimensioni: “Il principale messaggio che possiamo ricavarne è che non dovremmo sottovalutare i batteri considerandoli organismi semplici, perché questa è una visione obsoleta”, afferma. “I batteri sono in grado di adattarsi all’infinito, e in realtà dovremmo aspettarci di vederne di varie dimensioni”.

I batteri appartengono a quel ramo dell’albero della vita chiamato procarioti, e rappresentano le creature viventi più basiche. Spesso vengono descritti come una “sacca” di enzimi circondati da un’unica membrana – anche se questa definizione non è accurata. Ciò che distingue le cellule procariotiche dei batteri dalle cellule eucariotiche — che caratterizzano animali, piante e cellule fungine — è il fatto che le prime non hanno il nucleo, ovvero un comparto separato in cui si trova il DNA, spiega Danny Ionescu, microbiologo acquatico del centro di ricerca sulle acque dolci Leibniz Institute of Freshwater Ecology and Inland Fisheries in Germania. “Ci sono molte altre differenze funzionali e fisiologiche, ma questa è quella che li differenzia dagli eucarioti, ai quali apparteniamo anche noi”.

Il nuovo batterio mette in discussione questa definizione, perché presenta il materiale genetico incapsulato in comparti circondati da membrane, che sembrano una primitiva forma di nucleo.

Questo nuovo batterio è stato individuato per la prima volta da Olivier Gros, biologo e conoscitore delle mangrovie presso l’Università delle Antille francesi a Guadalupa. “Trascorro molto tempo in acqua, osservando i sedimenti delle mangrovie. Una volta ho notato questi lunghi filamenti bianchi, e li ho raccolti per curiosità”, racconta.

Gli scienziati del laboratorio di Gros hanno tentato di definire le caratteristiche di questi filamenti, che inizialmente pensavano fossero un fungo o un altro organismo multicellulare. Ma le loro prime analisi hanno indicato che questi microbi appartenevano probabilmente alla famiglia dei batteri giganti Thiomargarita. “Ma non ne eravamo sicuri”, racconta Gros.

Volland, che al tempo era un collega post-dottorato nel laboratorio di Gros, ha affiancato Shailesh Date, fondatore e amministratore delegato del Laboratory for Research in Complex Systems di Menlo Park, per continuare la ricerca volta a definire quello strano campione. Il laboratorio di Date è una società no-profit che collabora con istituti accademici e conduce attività di ricerca interdisciplinari.

“È stato subito chiaro a tutti che ci trovavamo di fronte a un grande batterio, e si trattava di una singola cellula”, afferma Date. Ma la difficoltà era capire cos’altro di speciale avesse quel microbo. Usando una serie di tecniche di biologia molecolare, Volland, Date e i colleghi hanno creato fotografie tridimensionali e molto ingrandite di questi campioni filiformi. Questo ha consentito agli scienziati di osservare ognuna delle singole grandi cellule che compongono ogni singolo filamento.

Vista subacquea e di superficie dei siti di campionamento tra le mangrovie dell’arcipelago di Guadalupa nelle Antille francesi, aprile-maggio 2022.

Fotografia aerea delle mangrovie dell’arcipelago di Guadalupa nelle Antille francesi, aprile-maggio 2022.

Per lungo tempo si è pensato che le cellule batteriche non potessero diventare molto grandi, per ragioni che si rifanno alla fisica di base. Più la cellula diventa grande, ad esempio, maggiore è l’area superficiale che le serve per assorbire i nutrienti e l’energia necessari a sostenere un organismo delle relative dimensioni.

“Questo batterio mette in discussione queste regole, presentando una sofisticata organizzazione simile alle più avanzate cellule animali e vegetali”, afferma Greening.

Il team di Volland ha mostrato che la struttura del batterio è suddivisa in numerosi comparti che svolgono funzioni differenti e aumentano notevolmente la superficie disponibile. Questa complessità potrebbe aiutare l’organismo a superare i suddetti limiti nelle dimensioni delle cellule batteriche.

“Noi scienziati tentiamo di definire i confini, e ipotizziamo che i batteri non possano raggiungere determinate dimensioni a causa di certi limiti teorici”, spiega Ionescu. “Ma pare che i batteri non leggano i nostri libri di testo”.

Il nuovo batterio conserva il proprio DNA in comparti separati da membrane che gli scienziati hanno descritto come simili ai “semini” di frutti come il cocomero.

La struttura di questi “semini” rende ancora più labile la distinzione tra cellule batteriche e cellule eucariotiche, perché la separazione del materiale genetico dal resto, all’interno della cellula, consente un più sofisticato controllo e una maggiore complessità, afferma Greening.

Il Thiomargarita magnifica è unico anche perché, nonostante tutti i batteri giganti presentino più copie del proprio genoma, questo conta oltre 700.000 copie della propria impronta genetica, in ogni singola cellula.

Questo batterio ci aiuterà a comprendere perché i genomi eucariotici, come quelli nelle cellule animali e vegetali, sono cresciuti fino a raggiungere le dimensioni che osserviamo, scrivono in una e-mail Yoichi Kamagata e Hideyuki Tamaki del National Institute of Advanced Industrial Science and Technology (Istituto Nazionale di Scienza e Tecnologia Industriali Avanzate, N.d.T.) in Giappone.

Volland e colleghi intanto continuano a esaminare i campioni raccolti nella palude di mangrovie, pensando già al prossimo obiettivo, ovvero coltivare il batterio in laboratorio. La coltura del batterio in laboratorio permetterà agli scienziati di comprendere come questo si riproduce e come mantiene la sua grande quantità di materiale genetico.

“Le scoperte sono lì ad attenderci, basta osservare e fare attenzione”, afferma Teske. “Il T. magnifica è sempre stato sotto i nostri occhi, in un comunissimo habitat costiero, in attesa che un microbiologo si soffermasse a osservarlo e si chiedesse se potesse essere un nuovo tipo di Thiomargarita”.

I batteri non hanno l’organizzazione complessa degli eucarioti, afferma Volland. “Non formano tessuti organizzati in organi, che creano organismi complessi”, ma sottolinea che “sono molto più complessi in termini di biochimica. Sono in grado di fissare il carbonio, usare gli zuccheri, crescere su ogni tipo di substrato, sono in grado di comunicare, possono mandare segnali, questi sono tutti meccanismi complessi; sono inoltre capaci di comportamenti sociali, e alcuni di loro hanno cicli di vita complessi. Quindi non è vero che i batteri sono organismi semplici e gli eucarioti organismi complessi”.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente in lingua inglese su nationalgeographic.com.